Nella Val di Non alla scoperta di Castel Thun e non solo!

Castel Thun è un magnifico quanto raro esempio di dimora principesca a conservare ancora gli arredi originali, oltre ad una ricca pinacoteca e a preziose collezioni d’arte. Armonico risultato di varie fasi evolutive succedutesi nei secoli, Castel Thun è un esempio tra i più interessanti di architettura castellana oltre a rappresentare un luogo molto significativo per la storia del principato vescovile: qui nella magnifica stanza del vescovo, morì nel 1800 Pietro Vigilio Thun, l’ultimo principe vescovo della secolare storia del Principato vescovile di Trento. Il maniero unisce il bel palazzo signorile circondato da ampi giardini ad un complesso sistema di fortificazioni, costituito da torri, bastioni, fossati e muraglie.

L’aspetto più affascinante di Castel Thun è che non ha mai smesso di essere abitato, conservandosi nel tempo come dimora arredata, specchio del gusto della famiglia, ma anche del confort e delle esigenze degli esponenti di un ricco casato. Rinascimento, Settecento, Impero e Biedermaier convivono nelle sale: secretaires, cassettoni a ribalta, stipi, divani, comodini stile impero, stufe ad olle, argenteria, porcellane, vetri da tavola, armi bianche, forzieri, carrozze, slitte, oltre a dipinti della scuola dei Bassano, ritratti di Giambattista Lampi, Crespi, Molteni, Garavaglia, Procaccini, Bergler, sculture dell’Insom fanno di questa dimora un gioiello da scoprire.

Nel percorso espositivo, curato dallo staff del Castello del Buonconsiglio, si potranno vedere alcuni filmati e installazioni multimediali tridimensionali che ricostruiranno la storia del castello e della famiglia Thun. Alla fine del Medioevo la famiglia Thun era già vasta e ramificata, ricca e potente. Possedeva in Trentino e in particolare in Val di Non una rete strategica di castelli e fortezze, fra cui primeggia il maniero di Thun, che domina la valle circostante da un osservatorio privilegiato. Dopo il tracollo delle fortune del casato trentino, che determinò, nel 1871, la vendita del palazzo di città al Comune di Trento, il castello passò nel 1926 al ramo boemo della famiglia, che non solo mantenne l’uso residenziale, ma contribuì alla conservazione dell’edificio e all’arricchimento dell’arredo.

Così, quando alla scomparsa dell’ultimo abitante Thun, Zdenko Franz Thun Hohenstein, la Provincia di Trento decise di acquisire il castello, nel 1992, entrò in possesso non solo di un monumento, di uno scrigno di memoria, ricco di collezioni d’arte, di una preziosa biblioteca, di uno straordinario archivio, ma anche dell’aura della vita vissuta, per secoli, da una stirpe illustre di importanza internazionale, che segnò con le sue vicende la storia trentina e mitteleuropea. L’archivio della famiglia poi, è una delle raccolte di documenti più importanti e significative dell’intera regione. Custodito fino al 1992 proprio nel castello, era consultabile, grazie alla intelligenza e alla generosità dei proprietari, fin dall’Ottocento.

L’illustre studioso Tommaso Gar ebbe modo di dichiarare che una storia del Principato trentino e della Contea del Tirolo non potrebbe essere scritta senza consultare queste antiche carte. L’archivio fu purtroppo in parte venduto al ramo boemo della famiglia nel 1879, per fronteggiare la grave situazione economica del casato trentino.
Nonostante questo, conserva una quantità tale di pergamene, registri, buste, mappe, da renderlo una testimonianza e una fonte essenziale. La famiglia Thun è’ una delle più antiche, se non la più antica, famiglia nobile del Trentino, documentata già nel 1050. Nel 1190 vengono citati come “illi de Tono” (in seguito anche “de Thono”): la famiglia prese il nome dal luogo di origine,il paese di Ton nella bassa Valle di Non.

In seguito il nome assunse la forma tedesca “Thun” o “Thunn”. Vassalli prima dei signori di Flavon e poi degli Appiano, costruiscono i loro primi castelli nell’attuale territorio del comune di Ton: sul dosso di Visione; quello di S. Pietro; un fortilizio sul dosso di Castelletto in prossimità della chiusa della Rocchetta; inoltre il castello di Belvesino,ossia l’attuale castel Thun. Il potere della dinastia feudale si estese soprattutto alle valli di Non e di Sole, con l’acquisizione dei castelli di Bragher, di Castelfondo, di Altaguardia e di Caldes.

A Trento i Thun risiedevano in Contrada Larga, nel cuore della città, in alcuni edifici acquisiti a partire dalla metà del secolo XV. Annessi alla matricola nobiliare tirolese nel 1472, vennero elevati al grado di baroni nel 1530 e a quello di conti del Sacro Romano Impero nel 1629, per concessione dell’imperatore Ferdinando II d’Asburgo. Già sul finire del secolo XIV i Thun erano divisi in numerose linee; in seguito le linee principali sono, insieme a quella di Castel Thun, quelle di Braghér, Castelfondo, Caldés, e di Trento.

Ad esse si aggiunge l’importante linea boema, il cui capostipite fu Giovanni Cipriano (1569 – 1631): i possedimenti boemi gli provenivano dal fratello Cristoforo Simone, uno dei protagonisti della Guerra dei Trent’anni (1618-1648), che in occasione del conflitto conquistò, grazie anche al favore imperiale, numerosi possedimenti in Boemia, Slesia e Turingia. Gian Maria Tabarelli lo definisce «il più fastoso dei castelli trentini», e per l´adattamento al terreno delle concezioni di ingegneria militare cinquecentesca, «il più completo esempio di tipologia rinascimentale fortificata» dell’intera provincia. E Aldo Gorfer, varcando la «porta spagnola» e superando il levatoio sopra l´ampio fossato, ne ricordava «il più singolare ingresso», quello del colonnato che riparava i cannoni.

Ma Castel Thun non è solo un maniero da primato. E´ fra i più insigni edifici monumentali pubblici per il suo grado di conservazione e per il suo «parallelismo» con otto secoli di storia del principato vescovile, dall’apparire dei Tono (poi Thun) nella scorta assegnata al vescovo Corrado di Beseno a Enrico VI, figlio del Barbarossa (1190) all’ascesa alla cattedra di Trento di Sigismondo Alfonso, primo principe vescovo Thun nel 1668, e fino al tramonto del principato stesso con Pietro Vigilio, il vescovo principe cacciato dai francesi ma non più reintegrato dalla restaurazione del Concilio di Vienna.

La porta spagnola è un bugnato in pietra forse visto in Spagna e qui mirabilmente imitato. Quello che, con lo stemma dei Thun a bande decorate, dà accesso al levatoio del complesso, cinto dall´imponente giro di mura sul dosso allungato da cui si dominerebbero 44 abitati e 12 castelli. Si varca subito dopo la porta «blasonata», datata 1541, e ci si trova singolarmente al riparo di un porticato sostenuto da 18 colonne in pietra. E´ il colonnato delle carrozze, una dozzina di pezzi unici dal 1890 al 1916. Dinanzi, l´ingresso al palazzo medievale, riedificato nel 1691…

Si cammina sull’acciottolato, e nell’ingresso campeggia l´aquila del principato vescovile con la banda dei Thun in rilievo, decorata a fiori. Sulla volta lo stemma di famiglia, datato 1585. Al centro del palazzo comitale, compatto, si apre il cortile selciato, con il pozzo nell’angolo. Lo sguardo, alzandosi, corre al loggiato che si apre su due facciate interne. Secondo il Tabarelli, va letto quasi come una sigla dello stile clesiano, rinascimentale. Caratterizza Toblino e Stenico. Si torna fra le mura possenti. Una mano benedicente sull´architrave vigila il piccolo ingresso alla cappella intitolata a San Giorgio e interamente affrescata: pitture quattrocentesche, annerite dal tempo ma di buona mano nordica. Spicca un Giudizio universale, con la Madonna e San Giovanni che intercedono per la salvezza delle anime.

Nella sacrestia si nota ancora la traccia dell’ingresso originale del palazzo medievale. Il corridoio mette nella sala delle guardie (dei cavalieri?), con due contenitori in pietra per il grano datati 1564. E´ uno spaccato di vita castellana, cela imponenti forzieri da viaggio e altri particolari non comuni. Una grata dà accesso alle segrete. E´ un passaggio da leggenda. Accanto, stanze con forni per cuocere il pane. Si sale. La mitria pastorale e la spada, simboli del potere vescovile, danno accesso al palazzo nobile. L´arredo è di assoluto pregio. Si entra, non senza il sentore di un soffio di suggestione, nella sala dei morti, la camera ardente dalla volta «tutta annerita dalle fiamme delle candele che si accendevano a lato del feretro» (Gorfer).

Poi l’ armeria con la collezione di armi antiche, un tempo protette dalla robusta porta in ferro e la preziosa biblioteca che raccoglie documenti sulle vicende quasi millenarie del Principato. Si sale al piano primo, dove si aprono la loggia e le stanze signorili. Quella degli antenati ospita i ritratti di famiglia, fra cui molti di Giovan Battista Lampi. C´è la sala del camino, pezzo notevole, cinquecentesco. Per Gorfer è simile a quelli del palazzo ducale di Urbino. Ospita anch’essa ritratti importanti. Si passa per una serie di grande sale, il salotto Luigi XVI, lo studio, una stanza per il gioco, una «della spinetta», la sala dei convitti. Altri locali minori si aprono fra corridoi e passaggi.

Quasi tutte importati le stufe, di Sfruz e di altri artigiani, talora decorate con gli emblemi di famiglia. Ma l´approdo è la celebre ed ampia stanza del vescovo, mirabilmente rivestita in legno di cirmo, con splendido soffitto a cassettoni recante al centro lo stemma dei Thun datato 1670, e stufa in maiolica. Campeggia il grande letto a baldacchino e una porta datata 1574 – «scolpita, intarsiata e lavorata a brucio immette nell’appartamento delle donne», annota Gorfer. «Due significativi intarsi ammoniscono che è proibito valicare la porta senza permesso. E un Ercole ignudo, molto esplicitamente dimostra cosa accadrebbe all’uomo che osasse oltrepassare la soglia». L´immagine erotica è a commento della scritta in tedesco.

Una Frauenkamenate, informa Gorfer, «abbastanza frequente nei castelli tedeschi». In altre sale sono state restaurate le carte da parati, ottocentesche. Dalle finestre il colpo d´occhio sull’Anaunia e sui manieri in comunicazione visiva è notevole. Si va all’esterno, dove la muratura meridionale dà all’improbabile, ancorché suggestivo, campo dei tornei, chiuso da altri muri. Due torri quadrate sono il riscontro dei fabbricati a nord, ai piedi dei quali si distendono i giardini all’italiana, sopra il più basso giro di mura. Dall’originario fortilizio di Belvesino, l´epopea dei potenti vassalli del vescovo affiora dalle alte muraglie, si intravvede nelle tracce difensive più antiche, s’immagina nei saloni vuoti. Da Castel Thun si esce arricchiti di un frammento di storia, stupiti dall’armonia di forme, e fors’anche ammaliati dalla potente fascinazione dell’eco feudale. Immortale, come i fantasmi dei manieri scozzesi.

Il Castello ha conservato intatta una straordinaria biblioteca, collocata, fino al giorno dell’acquisto, in uno dei torrini esterni, splendidamente decorato di stucchi sulla volta e interamente ricoperto lungo le pareti da migliaia di volumi: la testimonianza dei variegati interessi di una grande famiglia, volta a guardare agli argomenti più diversi del panorama culturale.

L’archivio della famiglia, poi, è una delle raccolte di documenti più importanti e significative dell’intera regione. Custodito fino al 1992 proprio nel Castello, era consultabile, grazie alla intelligenza e alla generosità dei proprietari, fin dall’Ottocento. L’illustre studioso Tommaso Gar ebbe modo di dichiarare che una storia del Principato trentino e della Contea del Tirolo non potrebbe essere scritta senza consultare queste antiche carte.

L’archivio fu purtroppo in parte venduto al ramo boemo della famiglia nel 1879, per fronteggiare la grave situazione economica del casato trentino. Nonostante questo, conserva una quantità tale di pergamene, registri, buste, mappe, da renderlo una testimonianza e una fonte essenziale. Oggi tutto questo immenso materiale è affidato agli esperti per essere studiato, completamente catalogato e, dove necessario, restaurato. Ritornerà a Castel Thun solo a conclusione di questa attenta fase di verifica e studio.

Sottoposto a gravi spoliazioni durante l’occupazione delle truppe francesi nel marzo 1797 e, verso la fine dell’800, all’alienazione di una parte consistente delle collezioni, Castel Thun, raro esempio di dimora arredata, conserva ancora oggi una eccezionale raccolta artistica, frutto di un mecenatismo espresso lungo un arco cronologico durato quasi cinque secoli. Nella affascinante sequenza di salotti e camere, arredati con stipi, cassettoni, credenze, divani, poltrone e dormeuses, si ammira la quadreria con ritratti di famiglia, paesaggi, nature morte, dipinti di soggetto religioso e mitologico.

Tra gli autori spiccano i nomi di Jacopo Bassano, Camillo Procaccini, Giacomo da Castello, Giuseppe Maria Crespi, Giovanni Battista Lampi, Joseph Bergler, ma non mancano esempi della pittura ottocentesca mitteleuropea (Kohl, Vollmer, Achenbach, Heinlein). Assai ricchi gli arredi e le suppellettili: accanto a preziosi vetri da tavola, calici, bicchieri, brocche e alzate, sono presenti maioliche, porcellane, sculture in alabastro, vasi, candelieri, oggetti in peltro, bronzo e rame. Vanno inoltre ricordate le collezioni di armi bianche ed armi da fuoco che, insieme a quella, assai singolare, di slitte e carrozze, costituiscono testimonianza eloquente del glorioso passato della famiglia Thun.Le mete consigliate per alcune facili escursioni nei pressi di Castel Thun sono molte. A cominciare dalla visita all’antico Castel S. Pietro passando vicino alla Val Ciucina, un Canyon non attrezzato con spettacolari rocce erose dall’acqua. Consigliata anche una visita alla Tor di Visione seguendo i tracciati segnati dai Percorsi D’Anaunia. Nella zona di Malachino e dei Sassi di Corni si possono anche incontrare esemplari di fauna selvatica essendo la zona poco frequentata. Senza perdere una vista ad un gioiello straordinario: l’Eremo di San Romedio, tra i più antichi ed interessanti dell’inero arco alpino.

E, tutto intorno:

LA VAL DI NON. 5 TERRITORI, UN’UNICA GRANDE ANIMA

Montagna, pascoli e sentieri: Le Maddalene. Immense distese di prati intramezzati da piccoli borghi: l’Alta Valle e la Predaia. Il regno della mela: le Quattro Ville d’Anaunia e gli incanti naturalistici della zona del Brenta. Tutto raccolto in un’unica grande valle: la Val di Non.
La Val di Non è la più ampia valle del Trentino, sorge nel cuore occidentale della regione ed è ricca di boschi, corsi d’acqua e soprattutto di meleti, grazie ai quali il suo nome è famoso in tutta Europa.
Alla vista si presenta come un immenso altipiano verde e soleggiato percorso da torrenti e ruscelli che hanno scavato per millenni la roccia formando quell’insieme di gole, cascate e burroni grazie ai quali essa è oggi conosciuta come “La Valle dei Canyon”. Al centro, il lago di Santa Giustina, cuore pulsante del territorio, attira con la sua imponente superficie lo sguardo del visitatore, mentre tutto intorno il territorio è delimitato da dolci rilievi mai troppo impervi: la catena delle Maddalene a nord con i suoi incantati panorami d’alpeggio e le rocciose Dolomiti di Brenta nella parte sud-ovest. Qui si estende il cuore del Parco Naturale Adamello Brenta, patria dell’orso bruno, di eccezionali particolarità naturalistiche e di veri incanti alpini, come il Lago di Tovel, uno dei più romantici specchi d’acqua del Trentino.

CON MAGNIFICI TESORI D’ARTE

CASTELLI E PALAZZI
La Val di Non è la terra trentina che può contare il maggior numero di castelli e residenze nobiliari. Nascosti tra fitti boschi o imperanti su immense distese di meleti questi antichi palazzi testimoniano la storia antica e gloriosa delle Terre D’Anaunia. Talora si presentano come suggestivi ruderi a picco sulla roccia, come il romantico Castello d’Altaguardia, altre volte invece conservano il loro antico aspetto elegante e imponente: è il caso dei magnifici Castel Thun, Castel Valer e Castel Malgolo.

Molti castelli sono stati trasformati in eleganti residenze private, ma è sufficiente una visita a Castel Thun per rendersi conto della ricchezza del patrimonio castellano anaune. Altrettanti eleganti palazzi sono stati sapientemente restaurati e oggi sono sedi di mostre, esposizioni temporanee di grande importanza e possono essere visitati in tutto il loro splendore.

EREMI E SANTURI
La fede cristiana ha radici ben radicate in Val di Non. A partire dal 397 quando i missionari Sisinio, Martirio e Alessandro furono martirizzati nei pressi di Sanzeno il cristianesimo si è diffuso in tutto il territorio segnando la storia locale e familiare degli abitanti della Val di Non. Il paese di Sanzeno, con la Basilica dei SS. Martiri Anauniesi e il Santuario di San Romedio, è ancor oggi il nucleo della fede cristiana in Val di Non. Sono diversi e tutti suggestivi gli eremi della valle. La particolare morfologia della Val di Non, con le sue strette gole e i profondi canyon, hanno reso questa terra nei secoli meta ideale per i fedeli che cercavano la solitudine e il contatto diretto con Dio.

Accanto al più famoso Santuario di San Romedio molti altri piccoli luoghi di culto conservano tutta la forza di una spiritualità autentica e sincera. Vale la pena scoprirli, anche perché spesso sono raggiungibili attraverso itinerari naturali impagabili che attraversano i più bei luoghi della Val di Non. Il Santuario di San Romedio (732 m.) è uno dei più caratteristici eremi e testimoni della fede cristiana d’Europa. Sorge sulla vetta di uno sperone di roccia alto più di 70 metri dove, secondo la leggenda, Romedio di Thaur, avrebbe trascorso la sua vita in eremitaggio. Una ripida scalinata di 131 scalini conduce il visitatore fino alla sommità dello scoglio roccioso attraverso un complesso di sette piccolissime chiesette sovrapposte.

A proposito di questo Santuario si narra di come, sul finire del X secolo, il nobile Romedio, erede della prestigiosa casata tirolese dei Thaur, chiamato dalla voce di Dio, abbandonate tutte le sue ricchezze, decise di cercare la vera felicità e la comunione col Creatore ritirandosi in meditazione sulla cima di una roccia. Alla sua morte, coloro che gli erano stati fedeli, scavarono nella roccia la sua tomba e diedero vita al culto che dal lontano anno 1000 si perpetua ancor oggi. A partire dalla prima cappella costruita nel XI secolo, la fede degli umili nel loro Santo protettore fece sì che venissero erette, nel corso dei secoli, l’una sopra le altre tre piccole chiesette, due cappelle e sette edicole della Passione, vere custodi della sacralità e della magia del santuario.

La fede nel Santo in Valle era davvero forte, tanto che, a partire dal XV secolo le pareti lungo la scalinata che conduce alla tomba dell’eremita, si riempirono di oggetti ex-voto, segni dell’immensa fiducia dei pellegrini nel potere del Santo. Il Santuario di S. Romedio è spesso ricordato anche per l’area faunistica adiacente l’ingresso in cui vivevano in semilibertà due orsi, vera mascotte di tutti i bambini della Val di Non. Attualmente però non vi è ospitato nessun esemplare. La loro presenza in questo luogo di culto è legata alla leggenda secondo cui Romedio, ormai vecchio si sarebbe incamminato verso la città deciso ad incontrare il Vescovo di Trento Vigilio. Lungo il percorso il suo cavallo sarebbe stato sbranato da un orso, Romedio tuttavia non si diede per vinto e avvicinatosi alla bestia sarebbe riuscito miracolosamente a renderla mansueta e a cavalcarla fino a Trento.

IL CAMMINO IACOPEO D’ANAUNIA
La Val di Non vista con gli occhi del pellegrino di un tempo. Ammirare, passo dopo passo, le bellezze della valle: Arte, storia, fede, cultura e panorami stupendi. La Val di Non è terra ricca di storia e tradizioni, di strade e sentieri percorsi da commercianti, eserciti e pellegrini per raggiungere i ricchi mercati o le frontiere dell’impero o, con devozione, luoghi sacri ed invocare grazia e perdono. Alcuni luoghi sacri erano méta di pellegrinaggio per chiedere al Signore la pioggia per i campi nei periodi di siccità; altri erano posti di accoglienza per i pellegrini in transito; altri ancora luoghi di eremitaggio.

La valle è inoltre particolarmente ricca di castelli, di case nobiliari ed in genere di siti di particolare interesse storico/archeologico. La guida “Cammino Jacopeo d’Anaunia” vuole offrire la possibilità di conoscere questo grande patrimonio collegando i diversi luoghi con un percorso a piedi da farsi, zaino in spalla, in stile da “pellegrino”. Il percorso, che idealmente parte e termina nel paese di Sanzeno, capoluogo religioso della Valle, si sviluppa in tappe per una lunghezza di circa 170 km ed una articolazione di otto giornate. Il percorso completo da diritto alla “Credenziale del Pellegrino”.

IL MUSEO RETICO
E’ ospitato, in località Canalini, dal Centro per l’archeologia e la storia antica della Val di Non e contiene i più importanti reperti archeologici ritrovati sul territorio. La visita si snoda intorno ad un percorso didattico, volutamente denominato “Pozzo del tempo”, che dal fondo dell’edificio risale a spirale ripercorrendo l’intera storia della Val di Non partendo dai manufatti preistorici, passando per le testimonianze retiche e romane, per arrivare alle testimonianze altomedievali dei Goti e dei Longobardi.

E GLI ALTRI MUSEI
Per conservare la memoria storica del proprio territorio in Val di Non sono stati costituiti numerosi musei tematici dedicati alla tradizione locale. Altre esposizioni invece, come il Museo dei costumi popolari del mondo, rappresentano una finestra aperta sul resto del pianeta con le sue particolarità e curiosità.

info: http://www.castelthun.com

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