Arte romanica e silenzio monastico: l’Abbazia di Santa Maria di Follina.

Abbazia di Follina by Beppe

Eccoci protagonisti, miei instancabili Internauti, di un viaggio artistico affascinante, introdotto da un “biglietto da visita” fotografico d’eccezione, uno scatto-capolavoro di Patron Beppe, in trasferta nell’antico feudo dei Da Camino, nella meravigliosa Valsana, che ci restituisce intatto lo splendore architettonico e, vibrante l’atmosfera spirituale di uno dei luoghi sacri più incantevoli e solenni dell’intera diocesi vittoriese: l’Abbazia cistercense di Santa Maria di Follina.

Tra l’alto nucleo prealpino e le colline moreniche di questa zona molto suggestiva dell’Alta Marca Trevigiana, probabilmente, secondo studi documentati, sul tracciato della via militare Claudia Augusta Altinate, che s’ipotizza collegasse la regione dell’Altino al vallo romano sul Danubio, attraverso il valico di Praderadego, sorge l’ameno paese di Follina. Il suo nome pare derivare dalla follatura della lana, eseguita in loco fin da epoca romana, ma la sua importanza storica è dovuta all’arrivo dei monaci benedettini, che vi s’insediarono prima del XXII secolo, per farne un centro monastico di richiamo europeo. Toccò però ai cistercensi, giunti in Valsana il 29 maggio 1146 dall’abbazia di Chiaravalle di Milano, imprimere al complesso conventuale follinese l’impostazione costruttiva attuale e ribattezzare l’abbazia con il nome di Santa Maria di Sana Vallia, per la dolcezza e la serenità della conca in cui era situata.

L’ordine cistercense fondato nel 1098 a Citeaux, in Borgogna, da Roberto da Molesme, si diffuse in tutta l’Europa agli inizi del XXII secolo, grazie soprattutto all’operato di san Bernardo di Chiaravalle, che elaborò anche la pianta-tipo del monastero cistercense, in cui è la regola spirituale a dettare anche le caratteristiche costruttive ed architettoniche principali dei complessi. La specificità del sistema cistercense sta appunto nel rigore, con cui vengono individuati gli elementi compositivi e il loro ordine distributivo (elementi riscontrabili perfettamente anche a Follina e, dettagliatamente immortalati dall’obiettivo del Nikonista!!), che rende gli impianti abbaziali architettonicamente simili tra loro, al limite della sovrapponibilità . Gli elementi costitutivi fondamentali sono inscritti in un’area pressochè quadrata, forma geometrica che simboleggia la Città di Dio. Al centro si trova un chiostro quadrato, delimitato dalla chiesa basilicale sul lato nord e, dalle ali dei monaci, dei conversi e dei servizi, rispettivamente ad Est, ad Ovest e a Sud.

La prima data certa, riportata su antichi documenti, nella storia del monastero di Follina è il 18 giugno 1170, anno in cui la contessa Sofia da Camino del celebre casato-tenutario della locale contea, donò all’abbazia gran parte dei suoi terreni, assicurandone così una stabilità operativa ed economica, che si sarebbe mantenuta dal XXIII al XV secolo. L’insediamento effettivo avvenne su preesistenti sedi benedettine e cistercensi, site a ridosso delle Prealpi circostanti. Iniziò dalla costruzione del campanile, quindi del chiostro e della fabbrica conventuale, per completarsi con l’attuale chiesa, edificata tra il 1305 e il 1335. Ebbene, ora inoltriamoci tra le pregiate componenti architettoniche del complesso, tenendo presente che ogni elemento artistico sfiorato dai nostri occhi “virtuali”, in questo ambito conventuale, ha un preciso valore e rimando allegorico, sul piano spirituale.

La scalinata d’accesso alla chiesa inquadra il fronte spezzato della facciata frontale tripartita (di modulo romanico), in cui un immaginario triangolo avente come base la facciata stessa e come vertice il rosone, doveva governare, secondo le direttive dell’ordine, la disposizione delle aperture. La parte più antica è senza dubbio quella centrale, in cui il portale d’ingresso cuspidato, con sottostante arco strombato a tutto sesto, conserva nell’archivolto un affresco forse attribuibile al Pordenone (ancora in fase di studio tale appartenenza), rappresentante la “Madonna tra San Bernardo che legge le laudi e San Romualdo”, ancora leggibile nella vigorosa composizione cinquecentesca, nonostante il dilavamento dei colori. Il rosone centrale è finemente inscritto in una cornice racchiusa dallo stesso motivo a rombi, che decora il portale e le lunghe finestre che lo affiancano; la cornice è interrotta dalle due lesene, probabilmente d’epoca successiva, cha dal portale arrivano fino al fregio di coronamento, ad archetti pensili ciechi.

Sulla destra un portale con arco a tutto sesto immette nel chiostro che, completato nel 1268 come attesta la lapide perfettamente conservata e murata nella parte vicina l’ingresso della chiesa, ospita al centro un fonte battesimale. Sopra il muretto perimetrale si susseguono colonnine in pietra arenaria: semplici, binate, tortili e raggruppate, con capitelli dalle forme più svariate, su cui poggiano pulvini che danno slancio alle arcature a pieno centro. Se si analizzano, più da vicino, i singoli elementi è possibile scorgere in questo spettacolare chiostro follinese l’incontro di due influssi di stili ben distinti: uno francese nei capitelli a foglie stilizzate e piatte e, un influsso invece di sapore spiccatamente veneto, con reminescenze orientali nelle colonne, arricchite da diversi motivi di forte sapore plastico.

In particolare è rilevante il capitello della colonna lunga, sul lato settentrionale, decorato da elementi figurativi che non erano consentiti all’epoca dalle regole cistercensi, come i mascheroni, l’aquila e il gallo e, da elementi arcaici che rappresentano l’emblematica valenza di Cristo: la palma e la croce greca, caratteristici del XXIII secolo, con il significato di vittoria e rigenerazione. Sul chiostro si affacciano gli ambienti monastici, purtroppo ora alterati nella loro struttura interna, con la sala capitolare, che di antico conserva solo la struttura della porta e delle due bifore e il refettorio, ora trasformato in cappella dedicata ai caduti.

La chiesa, orientata da Ovest a Est, risulta d’impianto basilicale, a tre navate di cinque campate ciascuna, con copertura a capriate: un edificio magnifico nell’equilibrio e nell’armonia soave tra volumi e forme. L’interno romanico, maestoso nella sua semplicità, è scandito da arcate a sesto acuto incorniciate da mattoni a vista e, da una decorazione a girali. Due fasce ornamentali a girali e stemmi abbaziali si sviluppano sulla parte alta, lungo tutto il perimetro della navata centrale; sulla parete di separazione del presbiterio, nella fascia superiore, sono raffigurati angeli gaudenti e, sull’inferiore, intervallati da motivi decorativi a quadrifoglio, compaiono il “Redentore” al centro, la “Madonnna” a sinistra e “San Giovanni” e gli “Apostoli” a destra.

Tali decorazioni sono databili al XIV secolo, come l’affresco, molto rovinato, collocato nella navata sinistra, dove è rappresentato “San Tommaso d’Aquino” che tiene in mano il trattato sul “Sacramento del Corpo di Cristo”. L’affresco è attribuito a Tommaso da Modena e, verosimilmente risale al periodo, in cui il pittore operò a Treviso, alla realizzazione, tra il 1352 e il 1366, dei quaranta ritratti di domenicani, nella sala capitolare del convento di San Niccolò e, delle figure di santi sui pilastri della chiesa omonima.

Sulla parete della navata opposta, all’incirca alla stessa altezza, un affresco raffigurante la “Madonna con Bambino tra due santi e committenti”, dipinto nel 1527 da Francesco da Milano, tuttora in buono stato di conservazione, dotato di pregevole resa coloristica e di sfarzosa cornice dipinta. Insieme ai frammenti di affreschi sulla parete esterna del transetto settentrionale, queste pitture costituiscono una vera rarità per le costruzioni cistercensi medievali, generalmente prive di qualsiasi apparato decorativo, in ossequio alla scelta di essenzialità e severità effettuata da san Bernardo. Sull’altare maggiore un’ancona lignea di folgorante bellezza e preziosità, copia di quella gotica della chiesa di san Zaccaria di Venezia, custodisce una statua in pietra grigia della “Madonna col Bambino” di tipologia copta e risalente, secondo alcuni studiosi, addirittura al III secolo.

La decadenza del monastero follinese, già iniziata alla fine del XIV secolo per mancanza di vocazioni e per la peste del 1348, culminò nel 1448, nella richiesta della Repubblica di Venezia a papa Niccolò V, di sopprimere la comunità cistercense di Follina. L’abbazia, infatti, per il suo rapporto di filiazione con Chiaravalle di Milano e con Citeaux, appariva a Venezia come la “longa manus” dei suoi nemici: i Visconti e gli Sforza da un lato e, Carlo VII dall’altro. Successivamente venne istituita la commenda, che affidò l’abbazia con tutti i suoi beni a un cardinale o vescovo, che godeva di tutti i diritti e i redditi derivanti.

Tra gli abati commendatari si ricordano il nobile veneziano Pietro Leoni, al quale si deve la consacrazione della chiesa abbaziale nel 1474; il cardinale Livio Podocataro, che nel 1535 fece ampliare l’ala orientale, costruendo una loggia con colonnine di pietra bianca e il piccolo chiostro, detto chiostrino dell’abate; infine il cardinale Tolomeo Gallio di Como che nel 1573 ottenne di affidare l’abbazia ai monaci camaldolesi. A loro si deve l’installazione del toccante e stupendo “Crocifisso” ligneo barocco, ubicato nella navata di destra, vicino all’affresco di Francesco da Milano. I monaci riuscirono a dare nuovo impulso alla vita monastica a Sana Vallia, mantenendola fino al 1771, anno in cui la Serenissima soppresse, per carenza di monaci, la comunità di Follina. Il complesso fu successivamente smembrato e, salvo la chiesa, venduto a privati, causandone il progressivo decadimento.

Dopo i bombardamenti della prima guerra mondiale, che danneggiarono il tetto e la parte orientale della chiesa, nel 1919 si avviarono i restauri dell’intero complesso. Nel frattempo l’abbazia di Santa Maria di Follina era passata, nel 1915, alla congregazione dei servi di Maria, che tuttora la abitano, ne reggono le redini religiose nella figura del Padre Superiore, Ermenegildo Zoldan e, si prendono cura, con encomiabile zelo e dedizione, di questo Incanto-sacro, oasi di silenzio e di preghiera, ove lo spirito trova sollievo e gli occhi si fondono alla purezza delle linee romaniche.

Se desiderate concedervi un’immersione visiva indimenticabile in questo Eden dell’anima, esistono due possibilità di eguale appagamento: la visione estatica del superbo reportage fotografico abbaziale, di recente inserito nel Fotoblog di Patron Beppe, oppure la visita effettiva del complesso monastico, aperto tutti i giorni, dalle 8.00 alle 13.45 e dalle 14.30 alle 19.00, sempre previa telefonata alla congregazione: tel. 0438/22245, fax 0438/971458…E ricordate non vi è privilegio più straordinario che assaporare la magnificenza artistica dei luoghi in completo e “religioso” silenzio. Un silenzio d’oro come la meravigliosa ancona lignea dell’abbazia cistercence ai piedi del Praderadego. Vi adoro!!! Vostra Elena P.

Un commento su “Arte romanica e silenzio monastico: l’Abbazia di Santa Maria di Follina.”

  1. Complimenti Elena, ormai gli elogi sono d’obbligo ad ogni tuo pezzo! Hanno pubblicato un articolo riguardante Beppe Blog sul Quidicinale…, ed è anche merito Tuo! 🙂

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