Per chi resta, per chi arriva, per chi ha voglia di qualche cosa di realmente interessante, ecco alcune proposte per un “Ferragosto delle Mostre” in Italia.
Cominciamo da Torino, dove a Camera – Centro Italiano per la Fotografia, Project Room, c’è da “Vedere (il) Barocco: lavori in corso” (sino al 30 agosto). 70 immagini per raccontare il modo in cui un nutrito gruppo di fotografi – Paolo Beccaria, Gianni Berengo Gardin, Giancarlo Dall’Armi, Pino Dell’Aquila, Giuseppe Ferrazzino, Giorgio Jano, Mimmo Jodice, Aldo Moisio, Riccardo Moncalvo, Ernani Orcorte, Augusto Pedrini, Giustino Rampazzi, Daniele Regis, Roberto Schezen – hanno “guardato” al Barocco, in particolare alle sue architetture, nella Torino del XX secolo. Una sfida che ha sollecitato soluzioni descrittive che, superando l’intenzione documentaria, hanno progressivamente assunto un significato diverso, più interpretativo e critico.
Stessa sede e medesima data conclusiva per “Memoria e Passione. Da Capa a Ghirri. Capolavori dalla Collezione Bertero”. Qui Camera si anima attraverso le storie e i racconti celati nelle immagini più significative della Collezione Bertero, raccolta unica in Italia per originalità dell’impostazione e qualità delle fotografie presenti. Tra le oltre duemila immagini della collezione, i curatori ne hanno scelte più di duecento, di una cinquantina di autori provenienti da tutto il mondo: tra i tanti, spiccano Bruno Barbey, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Robert Capa, Lisetta Carmi, Henri Cartier-Bresson, Mario Cattaneo, Carla Cerati, Mario Cresci, Mario De Biasi, Mario Dondero, Alfred Eisenstaedt, Luigi Ghirri, Mario Giacomelli, Jan Groover, Mimmo Jodice, William Klein, Herbert List, Duane Michals, Ugo Mulas, Ruth Orkin, Federico Patellani, Ferdinando Scianna, Franco Vimercati e Michele Zaza.
“Un architetto al tempo di Canova: Alessandro Papafava e la sua raccolta” sono i protagonisti della preziosa mostra che, al Palladio Museum di Vicenza (sino al 13 settembre) svela una raccolta di disegni di architettura rimasta intatta per più di 2 secoli, protetta per secoli nell’archivio di una nobile famiglia padovana. L’eccezionale raccolta di 49 fogli di vario formato e di stampe di celebri architetti a cavallo tra due secoli – fra cui Giacomo Quarenghi, Giuseppe Camporese e l’inglese Joseph Michael Gandy – venne riunita da Alessandro Papafava, architetto ed entusiasta studioso d’arte. Quando, rientrato in Italia dopo un periodo trascorso tra Budapest, Dresda, Vienna e Berlino, su consiglio del conterraneo Antonio Canova, aveva iniziato a studiare architettura presso l’Accademia di San Luca.
“A nostra immagine. Scultura in terracotta del Rinascimento. Da Donatello a Riccio” è il titolo della emozionante esposizione proposta a Padova, al Museo Diocesano, sino al 27 settembre. Secoli, dispersioni, furti, indifferenza, vandalismi hanno quasi completamente distrutto o disperso un patrimonio d’arte unico al mondo: le sculture in terracotta rinascimentali del territorio padovano. Ma qualcosa di prezioso e significativo è rimasto e il Museo Diocesano di Padova insieme all’Ufficio beni culturali, al termine di una intensa, partecipata campagna di recupero, studi, ricerche e restauri, sostenuti anche dalla campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “Mi sta a cuore”, riescono ora a riunire nelle Gallerie del Palazzo vescovile di Padova, sede espositiva del Museo, una ventina di terrecotte rinascimentali del territorio, orgogliosa testimonianza delle migliaia che popolavano chiese, sacelli, capitelli, conventi e grandi abbazie di una Diocesi che spazia tra le province di Padova, Vicenza, Treviso, Belluno e Venezia.
Appena al di là del confine nazionale, nel Canton Ticino, due le proposte avanzate dalla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, a Rancate (Mendrisio), sino all’11 ottobre. La prima delle due è la mostra “Jean Corty (1907-1946): Gli anni di Mendrisio. Opere dalla collezione del dottor Olindo Bernasconi “. In essa Jean Corty, uno dei più apprezzati pittori svizzeri. La sua parabola artistica, consumatasi nell’arco di soli vent’anni, rivela la fascinazione per l’Espressionismo nordico subita durante gli anni della formazione a La seconda è riservata a “Willy Leiser (1918-1959): Grafica, pittura, scultura. La vita, l’opera e gli anni con Teresa Giupponi “. Da molti anni la Pinacoteca Züst si adopera per illustrare e valorizzare le realtà culturali e gli artisti, talvolta dimenticati o trascurati, che hanno costituito la storia artistica e culturale del Cantone Ticino. Questa esposizione presenta unicamente le opere di Willy Leiser (Bienne, 1918-Sala Capriasca, 1959), mettendole a confronto con quelle di sua moglie Teresa Giupponi.
Da nord a sud, per giungere a Barletta, dove al Castello, è proposto “Circuito del Contemporaneo in Puglia INHUMAN”. In essa opere di Kendell Geers (Johannesburg-Sudafrica,1960. Vive a Bruxelles), Oleg Kulik (Kiev, 1961) e Andres Serrano (New York City, 1950). I tre grandi, diversissimi artisti internazionali si confrontano nella suggestione dei sotterranei del Castello di Barletta. Proponendo altrettante visioni sull’universalità del degrado umano, della violenza esercitata dal singolo o dal potere ai danni della dignità della persona e delle sue libertà, anche alla luce del lockdown imposto dalla pandemia e dalle proteste mondiali a tutela delle differenze etniche, sfiorando la sfera morale e antropologica. In una grande mostra curata da Giusy Caroppo.
Ancora a nord, stavolta a Bassano del Grappa, in Palazzo Sturm, ad essere di scena è “Giambattista Piranesi. Visioni di un architetto senza tempo”, sino al 19 ottobre. In essa risulta evidente come Giambattista Piranesi sia più che un gradissimo incisore. Sia un mito. Marguerite Yourcenar gli dedicò una biografia dove definì le Carceri – l’opera forse più famosa di Piranesi – come «una delle opere più segrete che ci abbia lasciato in eredità un uomo del XVIII secolo». Un’eredità che contagiò Escher e i Surrealisti non meno che Peter Greenaway. Walpole consigliò di studiare «i sublimi sogni del Piranesi», descritto: «Selvaggio come Salvator Rosa, fiero come Michelangelo, esuberante come Rubens, ha immaginato scene… impensabili perfino nelle Indie. Costruisce palazzi sopra ponti, templi sui palazzi, scala il cielo con montagne di edifici».
A un mito assolutamente universale, quello di Ulisse, è riservata la grandiosa esposizione “Ulisse. L’arte e il mito”, a Forlì, al San Domenico, sino al 31 ottobre. La mostra è di quelle che solo i grandissimi musei internazionali sanno programmare. La sfida, perfettamente riuscita, era quella di confermare il grande livello espositivo che in 15 anni Forlì ha saputo creare, grazie alla forza propulsiva e culturale della Fondazione Cassa dei Risparmi e alla regia di Gianfranco Brunelli, che dei progetti espositivi della Fondazione è il responsabile. Sala dopo sala si resta affascinati dai capolavori qui riuniti e dalle suggestioni culturali che questa mostra-evento esprime.
In occasione del grande Centenario di Raffaello, la sua città natale, Urbino, nella Sala del Castellare in Palazzo Ducale, celebra il suo Maestro. E lo fa con la magnifica esposizione “Baldassare Castiglione e Raffaello. Volti e momenti della vita di corte”, sino al primo novembre. Ad essere qui raccontata, in modo del tutto originale è la vicenda di un uomo che fu figura centrale del Rinascimento europeo. Baldassarre Castiglione, mantovano di origine, urbinate d’adozione, l’autore del Cortegiano, opera che, tradotta nelle principali lingue dell’epoca, fornì “il” modello di comportamento per l’alta società dell’intero continente. Una storia, la sua, che si intreccia con quelle dei grandi protagonisti del suo tempo e, in primis, con Raffaello, l’altra gloria di Urbino.
Un altro Centenario, quelle della morte di Gaetano Previati, offre l’occasione per un’altra, notevolissima esposizione: “Oltre la cornice. Gaetano Previati e il rinnovamento artistico tra Ferrara e Milano”, al Castello Estense, naturalmente a Ferrara, sino al 27 dicembre. La rassegna riunisce una settantina di opere del maestro, accostando una scelta di olii, pastelli e disegni delle collezioni civiche ferraresi (circa 40) ad un importante nucleo di opere concesse in prestito da collezioni pubbliche e private. Completano la selezione alcuni importanti documenti inediti.
Da Ferrara a Verona, dove alla Galleria d’Arte Moderna Achille Forti a Palazzo della Ragione, sino al 31 gennaio si può ammirare l’ampia rassegna “La mano che crea. La Galleria pubblica di Ugo Zannoni (1836-1919). Scultore, collezionista e mecenate”. Intorno alla celebrazione di Ugo Zannoni, scultore tra i maggiori dell’Ottocento, si è sviluppato un progetto che indica una nuova modalità di approccio alla realizzazione delle mostre. Le 200 opere della collezione Zannoni, da lui donata alla sua città, documentano l’artista e offrono una potente panoramica sugli maestri del suo tempo, da lui collezionati.
Nel settimo centenario dantesco, la mostra non poteva non soffermarsi anche su un’opera tra le più celebri dello scultore: il Spettacolare, alla Nuova Pilotta di Parma, “Fornasetti. Theatrum Mundi” (sino al 14 febbraio). L’esposizione mette in dialogo le architetture e le opere della Pilotta con l’immaginario di Piero e Barnaba Fornasetti, creando un vero e proprio ‘teatro del mondo’: una rete di rimandi iconografici e suggestioni culturali infonde nuove chiavi di lettura agli oggetti e alle immagini in mostra, rendendone visibile lo spessore e regalando nuove ed emozionanti implicazioni.
Mostre, tutte, che meritano un viaggio. Per il loro oggettivo interesse, innanzitutto. Ma anche perché inserite in contesti e città di grande bellezza. Per coloro che vogliono regalarsi un Ferragosto diverso dal solito.
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