Dal Wine in Venice al Vinitaly, il progetto coraggioso di Terre di Ger per vini sani da varietà resistenti

La cantina friulana Terre di Ger, tra le più importanti realtà italiane nel mondo dei vini Piwi per esperienza e prestigio, scommette sui resistenti e si presenta al Vinitaly (Verona, 2-5 aprile) con ben 6 vini prodotti “secondo natura” da piante che sono fortemente tolleranti alle avversità fungine. 18 ettari tra varietà bianche e rosse, forse una delle superfici maggiori attualmente piantate che permettono un’ampia sperimentazione e maturazione di esperienze sia in campagna che in cantina.

L’azienda di Robert Spinazzè, pioniere dei vitigni resistenti a Frattina di Pravisdomini (Pordenone), al confine tra Veneto e Friuli con vigneti anche nelle Coste del Feltrino (progetto “Dolomiti”) e nel cuore delle colline di Jesi nelle Marche, dopo aver inanellato una serie di successi – migliore cantina del Friuli Venezia Giulia per etica, sostenibilità e innovazione all’ultimo Wine in Venice, primo posto in Italia sia come miglior vino assoluto (Feltro 2021) sia come miglior vino rosso (Caliere Rosso 2020) al Concorso nazionale dei vitigni Piwi della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) – arriva al salone veronese con un progetto coraggioso che pone al centro l’uomo e l’ambiente per una resistenza “enoica” alla viticoltura di massa.

Le viti Piwi (“pilzwiderstandsfähig” in tedesco) sono incroci naturali tra vinifere europee e una piccola parte di altre vitis di origini americane e asiatiche portatrici dei geni della resistenza e quindi sono piante in grado di difendersi da sole dalle principali malattie della vite. Questo significa eco-compatibilità con l’ambiente circostante, tutela della salute del consumatore, miglioramento della qualità di vita di chi lavora in vigna e di chi abita intorno al vigneto, riduzione delle emissioni di CO2, conservazione della biodiversità con siepi, boschi e alberi da frutto per un bere sano, ma con un risultato sul bicchiere straordinario.

La viticoltura, sebbene rappresenti solamente il 3% della superficie agricola europea, utilizza il 65% di tutti i fungicidi impiegati in agricoltura, ovvero 68 mila tonnellate/anno (fonte Assoenologi/Vini e Viti Resistenti). Da qui la necessità di agire.

«Nel 2007 – racconta Robert Spinazzè – ho incontrato Erhart Tutzer, il famoso vivaista altoatesino che, fin dagli anni ’70, faceva il breeding incrociando varietà vinifere e sperimentando nuovi vitigni il quale mi disse: “Il cambiamento climatico sta impattando negativamente sulla nostra viticoltura e arriveremo ad un punto dove non si potrà più fare vino. Quello che oggi è convenzionale sarà regolato da economie di scala e leggi industriali. La gente vuole bere sano. Ma attenzione, fare bio sarà impossibile perché le malattie fungine si moltiplicheranno. Così, appena le nuove varietà chiamate resistenti sono state autorizzate, seppur in osservazione, ho deciso di piantare subito e di iniziare questo nuovo percorso che è di confine, ma non credo ancora per molto. In Friuli ho messo le varietà autorizzate in Regione e frutto della ricerca dell’Università di Udine. In Veneto, invece, ho piantato i vitigni di provenienza tedesca e altoatesina. I vini che si ottengono sono speciali per le loro diversità. Sfumature di colore, aromi, profumi di assoluta bellezza. Pochi sono stati i riferimenti, ma così Terre di Ger ha trovato la sua identità proponendo sul mercato vini di grande personalità. La storia inizia adesso con la prefazione e l’introduzione».

«In Terre di Ger siamo alla quinta stagione – continua Spinazzè -. I bianchi sono molto aromatici. In testa il Soreli del nostro Limine (dal latino limen, soglia/confine). Molto strutturato e complesso ricorda il vecchio Tocai friulano. Poi il Sauvignon Kretos che ha le caratteristiche del Sauvignon solo nel nome, per il resto è un ibrido friulano nel bicchiere dell’Arconi (dal Rio Arcone che scorre lungo il confine tra il Friuli Venezia Giulia e il Veneto). Nel Feltro c’è la parte resistente del Veneto con il Solaris e il Bronner. Acidità, profumo e struttura. Il nuovo arrivato, il Rufini (era il nome del bollo laterizio marchiato sui mattoni delle fornaci), è uno spumante da varietà resistenti di Souvignier Gris e Bronner prodotto con metodo Charmat lungo, al naso è mela croccante verde, nuovo in tutti i sensi anche per il mercato. I rossi stupiscono e “spaccano” le credenze di chi pensa che in Friuli si facciano principalmente i bianchi. Caliere (nome delle antiche vasche naturali dell’alto Trevigiano) e El Masut (“piccolo maso” in dialetto). Uve Merlot Khorus e Khantus nel primo. Taglio bordolese resistente nel secondo con l’aggiunta ai primi del Cabernet Eidos. Sorpresa e successiva curiosità negli assaggi con il passaggio dalla piacevolezza del primo alla robustezza e lunga beva del secondo. I resistenti possono anche essere dei rossi importanti».

«Questo è il nostro progetto: nessuna viticoltura difensiva, ma invece una forza verso il nuovo, l’innovazione che spezza i dogmi conosciuti fino ad ora. Si parla sempre più insistentemente di clima, di avversità, di viticoltura ormai colpita da eventi difficilmente prevedibili. Se ci sono delle soluzioni che arrivano direttamente dal vivaio e che aiutano a resistere in modo sostenibile è nostro dovere incentivarle», conclude Spinazzè.

LA CANTINA SARÀ PRESENTE AL VINITALY AL PADIGLIONE 6 STAND D6.

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