La leggenda nera di Re Filippo II e la sua Spagna “Prendi-Tutto”

Rtratto di Re Filippo II eseguito dal Tiziano

A distanza di più di quattrocento anni dalla sua morte, avvenuta il 13 settembre 1598 ad El Escorial, il giudizio storico su Filippo II, unico figlio legittimo (nato a Valladolid il 21 maggio 1527) del grande Imperatore Carlo V e della Regina Isabella del Portogallo, continua ad essere ispirato, sostanzialmente, al calco negativo che si formò nell’ultima parte del suo regno (oltre quarant’anni, dal 1556 al 1558). E si vede ancor oggi come e quanto la “leggenda nera” del “rey prudente” abbia influenzato e sostanziato la più generale “leggenda nera”, che, verso la metà dello stesso secolo XVI, cominciò a formarsi intorno alla Spagna moderna, a partire dalla discussione sulla conquista del Nuovo Mondo.

Si vede, allo stesso modo, come e quanto sull’immagine negativa di Filippo II abbia pesato il conflitto con il triangolo anglo-franco-olandese, che fu il teatro dei suoi maggiori insuccessi e fu pure il centro dell’elaborazione di quell’immagine negativa. Gli insuccessi sono fuori discussione. Il re voleva profittare delle lunghe guerre civili, che intorno alla questione religiosa si erano accese in Francia e che videro in ultimo il protestante, Enrico di Borbone ascendere al trono di Francia. L’esercito spagnolo sostenne la causa cattolica e giunse a marciare su Parigi. Il Borbone era, però, un notevole uomo di Stato. E’rimasta famosa la frase attribuitagli, secondo cui “Parigi val bene una messa”. La conversione al cattolicesimo valse a conservargli il trono.

Proprio pochi mesi prima di morire Filippo dovette stringere con il Borbone quella Pace di Vervins, che riconosceva la posizione del nuovo re (il quale intanto, sempre nel 1598, con l’editto di Nantes ammetteva la libertà di culto e l’organizzazione ufficiale dei protestanti come comunità religiosa politicamente garantita in Francia) e, apparve a tutti un successo francese. Con gl’inglesi il conflitto fu ancora più profondo. Alla causa di religione e alle ragioni della politica di potenza si aggiungeva il fatto ce proprio allora l’Inghilterra cominciava a trasformarsi da paese, a dominante economica agro-pastorale in grande potenza mercantile e marinara. Il disastro dell’ “invincibile armata”, la potente flotta allestita per sbarcare nell’isola, fece di Filippo II il predecessore degli analoghi fallimenti di Napoleone e di Hitler.

Ma fu il conflitto con gli insorti dei Paesi Bassi l’insuccesso maggiore. Il re aveva sottovalutato la questione e aveva ritenuto di poterla chiudere con una dura repressione militare. Si trovò, invece, a lanciare così la scintilla dell’incendio di un Vietnam, che durò per circa ottant’anni e che ebbe, nella storia del mondo e della civiltà, conseguenze maggiori della guerra del Vietnam. Con la Francia riuscì egli stesso a concludere la pace; con l’Inghilterra provvide nel 1603 il figlio e successore Filippo III, che nel 1609 fu costretto a concludere un armistizio anche con gli Olandesi. L’immagine di un pressappoco mostruoso nemico della libertà e oppressore di popoli e di coscienze (anche nell’interno della Spagna, con l’Inquisizione, con il duro trattamento dei “moriscos”, con la repressione dell’autonomia catalana ed aragonese) nacque su questo terreno e, nel seguente secolo XVII, quando la vittoria dei suoi nemici fu completa e la potenza spagnola fece segnare un netto declino, la sentenza passò in giudicato. E non bastò. Sull’immagine di Filippo fu largamente esemplata la “leggenda nera” della Spagna stessa. Il sovrano fece tutt’uno con il paese. In fondo era quello che il re più aveva voluto. E poichè gli esiti della sua politica erano giudicati così negativamente, divenne un luogo comune ce la decadenza spagnola avesse avuto inizio con lui. Le leggende, naturalmente, non nascono dal nulla. Neppure, però, le si può accettare così come si propongono. La Spagna che Filippo II lasciò era un paese provato, ma ancora in una fase di grande fioritura. Il predominio della Corona spagnola in Europa raggiunse il suo culmine proprio nel trentennio (anche più) che seguì la sua morte. Certo se si ritiene che anche l’annessione, procurata da Filippo II, del Portogallo e del suo impero americano e afro-asiatico alla su Corona, sia stata più un motivo d’indebolimento che di rafforzamento di quest’ultima, diventa difficile intendersi.

In realtà il predominio spagnolo cominciò a tramontare solo alla fine degli anni Trenta del secolo XVII e conobbe poi un rapido tracollo, che (con altre deficienze di vario ordine e di fondamentale importanza) svelò anche l’insufficiente base di potenza su cui si era preteso di trasformarlo in un dominio incontrastabile. Il secolo d’ oro spagnolo (uno dei più luminosi momenti nella storia, a tacer d’altro, della letteratura e dell’arte universali, era, a sua volta, ben lontano dal chiudersi alla morte di Filippo. E, del resto pur decaduta e decadente alla metà del secolo XVII, la Spagna sarebbe rimasta un paese di primaria importanza nel quadro mondiale e, avrebbe conosciuto, nel secolo XVIII un rifiorimento, di cui troppo spesso ci si dimentica o non si fa il debito conto.

Forse, però, proprio partendo da queste, necessariamente schematiche e sommarie, indicazioni sulla decadenza spagnola si può ripensare a Filippo II, alla sua figura di politico e di sovrano, in maniera storicamente più soddisfacente. Non per un facile revisionismo (di quelli ogni tanto di moda), nè per vedere luci dove furono ombre o solo per rovesciare un giudizio, che come si è detto, non nacque per caso. A Filippo (e in qualche misura già al padre, Carlo V) risale, tra l’altro, quel connubio tra Spagna e Controriforma che nella storia del paese lasciò tracce profonde, durature e, certo, non positive e si trasformò, troppo spesso (fin quasi ai giorni nostri) in una premura infeconda di distinguere, se non di separare, la Spagna dalla modernità e dall’Europa.

Ma anche questo discorso è altra cosa dalla leggenda nera e dalla “fable convenu” dell’Orco dell’Escorial, il quale, badate bene, se non fu un proprio un “re demone”, personificà senza dubbio il “prodotto” più fedele ed esatto del sanguinario “spirito imperialista e giustizialista” della Spagna cinquecentesca. Vostra Elena P.

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