La professoressa Lara Ali Shahin: l’amore per lo studio valica orizzonti e vince pregiudizi!

Lara ha negli occhi uno slancio, un entusiasmo e una vitalità che dicono tutto sulla rarità delle sue doti caratteriali, sulla caparbietà messa nelle scelte e sulla passione dedicata a ogni esperienza, abbracciata con convinzione e sentimento. Sono gli occhi decisi e volitivi di Lara Ali Shahin, 29 anni di vulcanica e travolgente simpatia, sostanziata da una serietà e da un rigore d’eccezione nel suo bagaglio di studio. La Dottoressa e professoressa di lingue Ali Shahin è protagonista di una storia di realizzazione e d’integrazione che riserva molte sorprese e molte originalità.

Una storia che vi conquisterà e vi emozionerà, com’è successo alla fortunata e privilegiata intervistatrice, la sottoscritta, che ha scoperto non solo quale brillante mente ma anche quale cuore nobile dimori in codesta Fanciulla, che farà strada e, lungo quella strada, dispenderà amore, dedizione e attenzione a qualsiasi latitudine e tra tutti i compagni/e di cammino che incontrerà. Ecco a voi l’intervista cortesemente concessami da Lara in versione integrale.

PRIMA PARTE: storia familiare di Lara Ali Shahin

1)Da quanto tempo suo padre risiede in Italia e nel dettaglio, a Ponte della Priula?
“Mio padre Adel Abdalla Ali Shahin è arrivato in Italia, precisamente a Genova, nel 1981. A Ponte della Priula risiede dal 1993”.

2)Quando e perché suo padre decide di lasciare l’Egitto?
“Nel 1978 mio padre partì dal Cairo per l’Isola di Cipro per motivi di lavoro e per essere esonerato dal servizio militare”.

3)Perché la scelta cade su l’Italia?
“Dall’isola di Cipro il papà inizio a sognare l’Europa. Nel 1981 decise di partire per Genova in cerca di lavoro”.

4)Com’è stata l’accoglienza da parte delle comunità del Trentino Alto Adige e del Veneto?
“Premetto che io sono nata a San Candido, in Val Pusteria, che si trova vicino a Cortina d’Ampezzo e solo i primi due anni li ho vissuti a San Vito di Cadore (Veneto), un piccolo paesino di montagna, in provincia di Belluno e, riportando le parole dei miei genitori, Ornella e Adel Abdalla, il loro fidanzamento è stato felice, ma non completamente accettato dai familiari di mia madre e dai compaesani, i quali spettegolavano sulla loro relazione”.

5)Difficoltà nell’integrazione? Sul piano religioso, culturale e linguistico?
“Sì, mio padre ha riportato parecchie difficoltà ad integrarsi nella società italiana. Per quanto riguarda la sfera religiosa, il suo credo è rimasto con lui fino ad oggi, però, allora, a San Vito di Cadore, c’erano pochissimi musulmani e nessuna moschea: l’integrazione sul piano religioso ha avuto, quindi, diverse difficoltà. Per quanto riguarda la sfera culturale mio padre racconta che ci sono stati dei problemi relazionali, soprattutto nell’ambito lavorativo: è stato ritenuto inferiore ai colleghi e considerato diverso. Molte volte gli venivano commissionati dei lavori che i suoi colleghi italiani rifiutavano. Per quanto riguarda la sfera linguistica, nel primo periodo in Italia mio padre parlava inglese. Poi con il tempo, a Genova, ha imparato la lingua italiana aiutato dai colleghi e, lavorando come cuoco nei ristoranti”.

6)Di cosa si occupano i suoi genitori? È figlia unica?
“Mia madre è operaia in uno scatolificio dal 1995, invece mio padre è camionista. Sì, sono figlia unica”.

7)Nostalgia da parte di suo padre del paese d’origine?
“Sempre. Almeno una volta all’anno ritorna nel suo paese d’origine dove risiedono quattro fratelli ed una sorella”.

8)Ha mai visitato il paese natale dei suoi genitori? In quale zona dell’Egitto si trova?
“Sì, solo quando avevo quasi tre anni. Sarei dovuta ritornare il 15 aprile con mio papà; sarebbe stato il regalo di Laurea da parte dei miei genitori, un corso intensivo di Arabo al Cairo ed avrei conosciuto finalmente la mia famiglia. Però, considerata la situazione emergenziale, abbiamo annullato la prenotazione. Mio padre è originario di Giza, una città dell’Egitto, capoluogo del governatorato omonimo, dove sorgono le tre più famose piramidi egizie: quelle di Cheope, Chefren e Micerino (o Mykerinos)”.

9)Lei è nata in Italia ed è a tutti gli effetti una cittadina italiana: com’è stato crescere e vivere prima in una comunità germanofona, quella dell’Alta Val Pusteria e poi nella Marca Trevigiana, nella comunità di Ponte della Priula? Com’è stata accolta?
“Come riportato prima ho vissuto a San Vito di Cadore i primi due anni della mia vita e nel 1993 ci siamo trasferiti a Ponte della Priula insieme ai miei nonni materni, i quali avevano piacere di ritornare nella Marca Trevigiana, essendo originari di Nervesa della Battaglia. I miei genitori raccontano che i primi anni a Ponte della Priula hanno riscontrato delle difficoltà a socializzare con la comunità, dovute alle origini di mio padre. Allora e ritengo tutt’oggi ci sono dei forti problemi d’integrazione. Penso che per questo tipo di sfide sia fondamentale lavorare, a partire dalle scuole con i ragazzi, cercando di intercettare situazioni di discriminazione o bullismo, legate alle origini etniche”.

10)Qual è il suo credo religioso?
“Ho ricevuto il battesimo con rito cattolico. Mia mamma è cattolica, mio padre musulmano. Quando avevo quattro mesi, mio padre si trovava all’Isola d’Elba per motivi di lavoro e mia madre decise, quindi, di battezzarmi, comunicandolo a mio padre. Lui non è stato molto d’accordo però lei lo fece ugualmente”.

11)Scuola, amicizie, svaghi, viaggi: cosa ha pesato e favorito di più la sua integrazione in questi anni?
“In Italia non ho avuto particolari problemi di discriminazione per le mie origini. Sono nata a San Candido perché in quel periodo la mia Famiglia viveva a San Vito di Cadore, e i miei genitori mi hanno sempre lasciato libera di scegliere cosa volessi diventare. Sono sempre stata circondata da ottime amicizie e buoni insegnanti, alcuni dei veri e propri maestri di vita, i quali non solo non si dimenticano, ma ci ricordano che è possibile cambiare il mondo”.

12)Passioni e hobbies particolari oltre al brillante percorso accademico?
“Gli ultimi due anni non sono stati molto semplici. Il 23 ottobre 2017 è iniziata la mia carriera scolastica come insegnante di tedesco nell’Istituto Alberghiero di Falcade e nella Scuola Media di Susegana, perciò, non avendo ancora conseguito la Laurea Magistrale, ho deciso di iscrivermi al corso di Laurea Magistrale in Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee ad Udine. Dopo grandi sacrifici, lavorando e studiando, nell’ ottobre 2019 ho deciso di partire per Berlino, per scrivere la tesi all’Estero. Il dipartimento di Arabo della Freie Universität Berlin mi ha affiancata nella ricerca, trattandosi di un tema molto complesso e, mi ha aiutata a formulare le interviste del mio “case study”. Sta di fatto che non ho avuto la possibilità di coltivare particolari passioni e hobbies. Riuscivo, comunque, ad andare in palestra almeno tre volte alla settimana, perché è solo una questione di organizzazione. Sono sempre riuscita a stabilire le mie priorità e, a coordinare gli impegni delle giornate a seguire. Avevo un preciso disegno delle attività e del tempo che occorre dedicare ad ognuna. Ricordiamoci, sempre, che il tempo non è poco, spesso è soltanto mal gestito e che una buona organizzazione preliminare può fare miracoli”.

13)Che cosa direbbe agli Italiani che provano diffidenza e ritrosie riguardo all’arrivo dall’estero di altra umanità migrante, spesso in fuga da situazioni drammatiche?
“Considerato un forte calo demografico che sta caratterizzando il nostro Paese, l’arrivo di comunità migranti potrà sicuramente far fronte a questo problema da non sottovalutare. Solo gli stranieri salvano l’Italia dal disastro. Abbiamo bisogno di nuovi immigrati; ma se sapremo fare una politica per la famiglia, se saremo più attenti alla salute delle fasce deboli della popolazione, se sapremo offrire condizioni migliori per il ritorno dei tanti giovani italiani che emigrano, se faremo in modo che gli extracomunitari che si sono integrati in Italia non se ne vadano dopo essersi inseriti, potremo forse contenere l’ondata dei nuovi arrivi e mantenere un ragionevole equilibrio demografico”.

SECONDA PARTE: storia accademica e universitaria di Lara Ali Shahin

1)Perché la scelta della facoltà di lingue straniere, presso l’Università di Udine?
“Perché la scelta del percorso di Lingue e Letterature Europee ed Extraeuropee presso l’Università degli Studi di Udine è stata motivata dall’offerta formativa che proponeva e dalla stretta collaborazione fra docenti e studenti”.

2)Quali studi ha condotto prima dell’iter universitario?
“Ho conseguito il diploma come Perito Tecnico per il Turismo presso l’I.T.T. “F. Da Collo” di Conegliano e poi mi sono laureata in Lingue e civiltà moderne e contemporanee (LCMC), Percorso “Arti e Spettacolo” presso l’Università Cà Foscari di Venezia”.

3)Perché questo speciale amore per il tedesco?
“Dalla prima media è iniziata la mia passione per la lingua tedesca. Affiancata dallo studio della lingua inglese, la lingua tedesca è stata la mia scelta a partire dall’ingresso alle scuole medie di Susegana e mi ha accompagnata fino ad oggi. Essendo nata a San Candido, la prima lingua che ho sentito in ospedale, appena nata, è stata il tedesco e penso che, per questo motivo, è entrata subito nel mio sangue. Sono sempre stata appassionata delle lingue straniere, conosco anche un po’ di spagnolo, studiato gli ultimi tre anni di superiori e il primo anno di lingue a Venezia. Il mio prossimo obbiettivo è la lingua araba. Purtroppo, non la conosco ancora, ma comprendo molte parole quando le sento. Ora con calma studierò anche la lingua di mio padre. Ho già acquistato un corso online di arabo e, in questo tempo sospeso, mio padre mi sta aiutando nell’apprendimento della lingua araba in autonomia”.

4)Quali le peculiarità contenutistiche della sua tesi di laurea magistrale? Quali gli elementi cruciali trattati riguardo al fenomeno migratorio in Europa, in special modo, a Berlino e Vienna?
“Questo studio muove i suoi passi dalla mia storia familiare: mio padre si trasferì dal Cairo a Treviso all’età di 27 anni e ho avuto modo di notare che la sua acquisizione della cittadinanza italiana non ha solo comportato significativi cambiamenti giuridici, ma ha anche condizionato lo stile di vita. Ad esempio, sebbene sia musulmano, celebra con il resto della famiglia le feste cristiane. L’acquisizione della cittadinanza comporta una serie di norme e diritti ben definiti, fra i quali la possibilità di partecipare a votazioni o permessi di soggiorno e di lavoro. L’ottenimento di tali diritti influisce senza dubbio sulla propria immagine di sé, oggetto di questa indagine esplorativa. È stato esaminato il lato soggettivo del contatto culturale, come l’ho vissuto con mio padre, in un fenomeno simile. La mia ricerca si concentra sull’emigrazione egiziana in Germania e Austria, in particolare l’analisi verte sulla naturalizzazione degli egiziani a Berlino e Vienna. Un breve riassunto dei risultati del mio studio mostra che il primo periodo in Germania e Austria non è stato facile per la maggior parte degli intervistati. La maggior parte ha avuto difficoltà con la lingua tedesca e nostalgia di casa. L’intervistato AW, studente di medicina a Vienna, ha avuto anche una forte depressione nei primi giorni in Austria, perché non riusciva a comunicare con gli abitanti della Città. Per la maggior parte degli intervistati, l’acquisizione della cittadinanza tedesca e austriaca significa soprattutto sicurezza e libertà. Sicurezza perché in quei Paesi lo stato sociale aiuta molto le famiglie, soprattutto in quest’ultimo periodo di difficoltà per l’emergenza Coronavirus. Libertà perché possono viaggiare agevolmente senza visto. Inoltre, l’acquisizione di una cittadinanza Europea è vista come un SOGNO per la maggior parte degli Egiziani. Venne più volte ripetuto che loro adesso hanno la possibilità di sentirsi uomini. In Africa o in Asia, secondo l’intervistato DZ, Personal Trainer a Vienna, si è considerati molto spesso un numero, non un uomo. Alla mia domanda “Si sente tedesco/a, austriaco/a, egiziano/a” la maggior parte dei miei intervistati ha risposto che si sente sempre e comunque egiziano. Molti mi hanno inoltre risposto: “Rimaniamo sempre stranieri, anche se abbiamo la cittadinanza tedesca. La maggior parte degli intervistati si sente ben integrata in Germania e in Austria, ma alcuni di loro ora si sentono “heimatlos”, ovvero “senza patria”, a seguito dell’emigrazione non sanno più a quale Paese appartengono. La maggioranza di loro ha infatti difficoltà a rispondere alla domanda: “Woher kommst du?”, ovvero “Da dove vieni?”.

5)Possiamo citare la votazione finale?
“Sì, 105/110. Considerato che durante la carriera accademica ho anche lavorato a scuola come insegnante di tedesco per me è un ottimo traguardo”.

6)In tempi di emergenza Coronavirus, Lei non si è persa d’animo e si è adoperata per la discussione della tesi “online” da casa: com’è riuscita a realizzare tutto ciò?
“L’emergenza del Coronavirus ha costretto tutti, cittadini e giovani universitari a restare a casa, ma io non mi sono arresa ed anche se a distanza, sono riuscita a superare tutti gli ostacoli che questo comportava. Sarebbe stato un vero peccato se il virus mi avesse costretta a rinviare la discussione quindi secondo le modalità stabilite dall’ateneo, attraverso l’utilizzo della piattaforma Microsoft Teams e grazie alla collaborazione dei docenti e del personale tecnico-amministrativo, ho concluso infine il mio percorso di studi. Il Coronavirus non ferma la cultura, non ferma il conseguimento dei propri obiettivi per chi si è impegnato ed è arrivato a traguardi importanti, non ferma la meritata soddisfazione. È stata un’emozione particolare, una tensione diversa, come è differente un esame scritto in cui ti senti un po’ più sicuro rispetto all’orale in cui sei direttamente giudicato, lo stomaco si ribalta e senti le farfalle. Sono riuscita a mantenere un livello di tensione più basso, finché non è arrivato il turno del candidato prima di me. Allora ho sentito forte l’adrenalina e il nervosismo, ma i professori sono stati fantastici; sia il Presidente della Commissione Prof. Reitani che ci ha dato molta forza; sia il Controrelatore Prof. Costagli; sia la mia Relatrice, la professoressa Kuri, che mi ha accompagnata durante tutto il percorso. Sono riusciti benissimo e, in poco tempo, a farci sentire a nostro agio. Ci hanno anche promesso, al termine di questo complicato periodo, di fare un’altra proclamazione dove potrò avere amici e parenti lontani, adesso assenti per ovvie ragioni. Udine sa andare avanti, anche da casa”.

7)Lei ha già esperienza come docente: come si è trovata nelle scuole italiane? Qualche aneddoto simpatico che Lei ricordi sugli anni di insegnamento?
“Raccontare la scuola è come raccontare il mondo: l’impressione è sempre la stessa, quella di rimanere in superficie a guardare la punta di un iceberg, senza la consapevolezza di quello che si agita o si potrebbe esplorare nei fondali. E il primo errore di valutazione, forse, lo abbiamo già fatto dalla prima riga. La scuola non è come il mondo. La scuola è il mondo, quello dell’oggi, ma soprattutto quello del domani. Potremmo dividere gli insegnanti in due gruppi: quelli “over sessanta” e quelli “over venticinque”. I primi costituiscono l’80% della classe insegnate e per lo più sono stanchi del loro lavoro, sono delusi da una professione che non sentono più appartenere loro e che continuano a fare perché qualcuno ha allungato l’età pensionabile. I secondi, il mio gruppo, è composto da una percentuale minima, viviamo la scuola come un miraggio. Pagati sempre in ritardo, continuamente peregrini da un istituto all’altro, la nostra attività di insegnamento è sempre una meteora, luminosa, affascinate, ma destinata a durare poco. Eppure, noi ci crediamo, siamo gli unici che ci credono ancora. Quando abbiamo scelto questo mestiere, a differenza di quanto avveniva per il passato, lo abbiamo fatto solo per passione, solo per seguire una visione, quella dell’eternità delle emozioni che si trasmettono e di quelle che si ricevono dagli allievi. Eh, sì, perché la scuola prima d’insegnare dovrebbe emozionare. Personalmente se il primo anno d’insegnamento non mi avesse emozionata non avrei continuato. La scuola dei tablet e delle lavagne multimediali dovrebbe accantonare l’attenzione alla tecnica per lasciare posto ai sentimenti e alle emozioni. Qualità che nel mondo scolastico, e anche nella nostra società dell’efficienza, sembrano essere diventate dei tabù, ma che richiedono invece dei percorsi educativi costruiti ad hoc, attraverso il dialogo e il confronto, attraverso la riflessione su di sé e la condivisione del pensiero con gli altri. La scuola dovrebbe affascinare gli alunni, essere “erotica”, e sono convinta che i sentimenti si imparino con la lettura, con la buona lettura. Il sentimento non è una dote naturale, è una dote che si acquisisce culturalmente. Noi lo impariamo attraverso la letteratura, che è il luogo dove si apprende che cosa sono il dolore, la noia, l’amore, la disperazione, il suicidio, la passione, il romanticismo. Ma se la letteratura non viene “frequentata” e i libri non vengono letti, se la scuola disamora allora il sentimento non si forma. E se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione. Bisognerebbe che i professori, oltre a sapere la loro materia, fossero anche in grado di comunicarla e di affascinare. Perché l’apprendimento, lo dice Platone, avviene per via erotica. Noi stessi abbiamo studiato volentieri le materie dei professori di cui eravamo innamorati e abbiamo tralasciato quelli di cui non avevamo alcun interesse. A scuola è importante saper appassionare perché gli adolescenti vivono l’età per cui l’unica cosa che conta è l’amore, e se gli adolescenti si occupano dell’amore bisogna andare là a cercarli. Attirarli a livello emotivo significa trovare la breccia per passare poi al livello intellettuale. Se invece si scarta la dimensione emotiva, sentimentale, affettiva allora non si arriva neppure alle loro teste”.

8)Che cosa augura a sé stessa dopo codesto traguardo prestigioso?
“Spero di continuare ad insegnare la lingua tedesca ma anche perché no, di iniziare la carriera accademica in Germania. La mia speranza più grande in questo periodo è una nuova identità della scuola italiana, per realizzare una comunità scolastica più fiduciosa nelle proprie forze e in grado di capire, di indirizzare le continue innovazioni in ambito culturale, sociale, tecnologico e finanziario. Serve una visione del futuro, non del passato, guardare il mondo con chiavi di lettura diverse per scoprire dentro e davanti a sé risorse incredibili. La sfida è riaccendere la speranza costruendo certezze per i bambini e le bambine di oggi. Dobbiamo cambiare le regole del gioco, alzando lo sguardo dalla quotidianità litigiosa. La gioventù deve essere vista nella dimensione di creatrice di un nuovo mondo. La tecnologia offre molte possibilità e non sfruttarle è l’unica cosa che dobbiamo temere. La scommessa è allontanarsi dall’ordine comandato, ripartire dai giovani, ascoltare le loro storie, le loro idee che sono di grande ispirazione, dare loro voce al tavolo delle decisioni per offrire loro un luogo che faccia da cassa di risonanza alle loro richieste e proposte, fare scuola con i ragazzi, motivandoli e coinvolgendoli nella costruzione della propria conoscenza, con apertura e accoglienza, dove le attività sono da loro ideate, scritte, realizzate e vissute realmente e non solo in modo virtuale. Questo non significa mescolare luoghi e funzioni perché la scuola non deve mai venire meno alla sua funzione di luogo di studio, ricerca e cultura. Perciò nuove forme e modalità di fare scuola regala a ogni giovane una comunità nella quale riconoscersi come protagonisti del percorso formativo. Il Governo su questo tema fondamentale dia il buon esempio, elaborando un nuovo paradigma in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini di oggi e di domani, della realtà sociale, economica a culturale che avvolge la scuola. Proceda ad un’analisi dei bisogni della scuola per la società del nostro paese in un’epoca di profonda, radicale e continua trasformazione”.

9)Qualche sogno e progetto nel cassetto per l’avvenire?
“Ora sto lavorando nella stesura di un articolo da pubblicare in una rivista scientifica. Sarebbe un peccato non approfondire la mia tesi in un dottorato di ricerca però allo stesso tempo penso che la Scuola abbia bisogno di me e sinceramente ne sento molto la mancanza. Perciò entro settembre prenderò una decisione sul mio percorso di vita”.

10)Egitto, Italia e Germania e Austria: un melting pot che ha scandito la sua vita. Quale il leit motiv, il fil rouge che lega questi splendidi paesi e permette una multiculturalità come prezioso tesoro di civiltà?
“Nel contesto europeo, la migrazione è stata affrontata quasi sempre statisticamente, come necessità demografica piuttosto che essere trattata come un elemento permanente e positivo della realtà sociopolitica. Per questi motivi, le domande sull’identità dei migranti nel contesto europeo sono particolarmente importanti e attuali. Ecco perché ho deciso di concentrare la mia ricerca su due città europee come Berlino e Vienna che sono caratterizzate da forti flussi migratori, multilinguismo e multietnicità. Mi sono occupata della migrazione verso questi due paesi di lingua tedesca perché il divario tra la cultura del Mediterraneo e quella alpina settentrionale è maggiore che tra due culture dei paesi del Mediterraneo. Le grandi città di Vienna e Berlino hanno una grande comunità egiziana e quindi è stata disponibile una più ampia selezione di partner, per condurre le interviste qualitative del presente studio”.

Grazie mille, Dottoressa Lara Ali Shahin: buon cammino e buona fortuna!!

Vostra Elena P.

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