XXXIX Premio Gambrinus Mazzotti: sul podio tre libri che raccontano “la vita” dei luoghi

Le alture calabresi tra il Tirreno e lo Ionio, che tentano un rilancio a cominciare dalla “comunità dei restanti”, sono protagoniste de “La montagna calabrese” a cura di Giovanna De Sensi Sestito e Tonino Ceravolo (Rubettino Editore, 2020), opera vincitrice nella Sezione Montagna.

All’India contemporanea, sospesa tra un progresso sociale e tecnologico inarrestabile, una crisi climatica senza precedenti e il riemergere di tensioni religiose all’apparenza superate, è invece dedicato “La tigre e il drone. Il continente indiano tra divinità e robot, rivoluzioni e crisi climatiche” del giornalista di origine vicentina Carlo Pizzati (Marsilio, 2020), vincitore nella Sezione Esplorazione-Viaggi. Infine, il corso montano del Piave, motore della modernizzazione italiana e oggi tra i fiumi più sfruttati d’Europa, è l’area indagata in “Le acque agitate della patria. L’industrializzazione del Piave (1882 – 1966)” del ricercatore feltrino Giacomo Bonan (Viella Editrice, 2020), vincitore nella Sezione Finestra sulle Venezie.

Premio speciale della Giuria a “Tre volte a Gerusalemme” di Fernando Gentilini (La Nave di Teseo, 2020), diario atipico di una città emblematica e contraddittoria, in cui le tante identità diverse sembrano sfumare e mescolarsi tra loro. La cerimonia di premiazione si svolgerà sabato 20 novembre nella sede della Camera di Commercio di Treviso-Belluno, a Treviso, e con l’occasione verrà consegnato il Premio Honoris Causa a Brunello Cucinelli, stilista di livello internazionale e imprenditore etico e umanista.

Potrebbero essere definite tre “biografie” le opere vincitrici della XXXIX edizione 2021 del Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”, prestigioso concorso “per libri di montagna, alpinismo, esplorazione – viaggi, ecologia e paesaggio, artigianato di tradizione e Finestra sulle Venezie sulla civiltà veneta” dedicato alla figura e all’opera di Giuseppe Mazzotti*, eclettico intellettuale trevigiano (scrittore, alpinista, gastronomo, salvatore delle ville venete, per molti anni consigliere del Touring Club Italiano, scomparso 40 anni fa). Non narrano però vite di persone bensì di luoghi che, pur molto diversi tra loro, sono accomunati dal fatto che non corrispondono (più) al nostro immaginario: “La montagna calabrese” a cura di Giovanna De Sensi Sestito e Tonino Ceravolo (Rubettino Editore, 2020), vincitrice nella Sezione Montagna, indaga passato, presente e futuro dei monti che fanno da spartiacque tra Ionio e Tirreno e che hanno caratterizzato l’immagine stessa della Calabria; “La tigre e il drone. Il continente indiano tra divinità e robot, rivoluzioni e crisi climatiche” di Carlo Pizzati (Marsilio, 2020), vincitore nella Sezione Esplorazione-Viaggi, ci conduce nella popolosissima e contraddittoria India, in bilico tra un progresso sociale e tecnologico inarrestabile, una crisi climatica senza precedenti e il riemergere di tensioni religiose all’apparenza superate; “Le acque agitate della patria. L’industrializzazione del Piave (1882 – 1966)” di Giacomo Bonan (Viella Editrice, 2020), vincitore nella Sezione Finestra sulle Venezie, dedica l’attenzione al fiume Piave, emblema della modernizzazione nazionale e uno dei fiumi più sfruttati e artificializzati d’Europa.
Non fa eccezione il libro destinatario del Premio Speciale della Giuria, “Tre volte a Gerusalemme” di Fernando Gentilini (La Nave di Teseo, 2020), diario atipico di una città emblematica e contraddittoria in cui le tante identità diverse sembrano sfumare e mescolarsi tra loro.

I vincitori
La montagna che riparte dalla “comunità dei restanti”. “La montagna calabrese”, scritto dai due docenti universitari Giovanna De Sensi Sestito (già professore ordinario di Storia Greca nell’Università della
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Calabria) e Tonino Ceravolo (professore associato in Scienze demoetnoantropologiche, oltre che saggista) tenta di offrire una nuova visione delle aree interne, lungi dagli stereotipi che circondano il concetto del “vivere in montagna”. Cliché talvolta romantici, ma anche fuorvianti come quelli che vedono la montagna come un luogo abitato da genti irrimediabilmente povere, dove non può esistere alcuna economia e dove, a causa dello spopolamento, non vi è la possibilità di uno anche minimo sviluppo.

La montagna ha caratterizzato l’immagine stessa della Calabria. Con il suo fitto ed esteso manto boschivo ha condizionato la nascita di insediamenti umani sulle sue propaggini collinari e vallive, percorsi millenari di collegamento tra essi, custodendo luoghi del sacro ben riconoscibili e mantenendo forme di economia che potrebbero ancora essere funzionali al vivere contemporaneo. Le montagne calabresi, nella loro composita realtà, non cessano di porre nuovi interrogativi: cosa occorre fare oggi perché ritornino ad essere parte integrante della vita regionale e nazionale? Con quale “sguardo” riscoprirne e rilanciarne le peculiarità, i ritmi, la vitalità? Una via possibile è ripartire dalla comunità dei restanti, avendo cura del paesaggio, luogo di incontro tra noi, esseri umani, e l’ambiente che ci circonda.

Lo spirito che anima il libro si riverbera anche nel suo editore, Florindo Rubbettino, un esempio di “restanza” con la sua casa editrice di Soveria Mannelli, in pieno Reventino, dalla storia quasi cinquantennale. Tigre vs drone. “La tigre e il drone. Il continente indiano tra divinità e robot, rivoluzioni e crisi climatiche”, sin dal titolo esprime la profonda contraddizione che l’India sta vivendo: il binomio “tigre e dragone” a cui siamo abituati (pensiamo al romanzo Crouching Tiger, Hidden Dragon, quarto libro della Crane-Iron Pentalogy di Wang Du Lu, e al film La tigre e il dragone di Ang Lee), che fa riferimento al conflitto tra India e Cina, oggi si evolve in “tigre e drone”, volendo sottolineare la forte contrapposizione interna all’India stessa, quella tra tradizione e innovazione.

Con il suo miliardo e trecento milioni di abitanti, il paese è il convitato di pietra al tavolo delle potenze mondiali, eppure l’immaginario attorno al subcontinente asiatico sembra rimasto ai tempi di Gandhi: una terra di bramini, pacifica nella sua povertà, divisa in un sistema castale millenario e inscindibile, meta prediletta per cercare sé stessi e le proprie radici spirituali, e allo stesso tempo fonte eterna di manodopera a basso costo. Carlo Pizzati, giornalista e scrittore nato in Svizzera, vissuto in Veneto, Stati Uniti, Messico, Argentina, Spagna, Roma e da oltre dieci anni nei pressi di un villaggio di pescatori in Tamil Nadu (India), descrive invece una realtà diversa, scissa tra un progresso sociale e tecnologico inarrestabile, una crisi climatica senza precedenti e il riemergere di tensioni religiose all’apparenza superate.

“Quello che vorrei sottolineare nel ringraziarvi,– ha commentato Pizzati, presente alla conferenza stampa – è che il mio libro è un saggio che si basa su fatti giornalistici, e attribuire un premio a un’opera del genere, in questo momento, è significativo per ricostruire l’importanza di un’istituzione come quella del giornalismo, in questa fase piuttosto screditata. Ne parlavo per coincidenza con la vincitrice del Premio Nobel Maria Ressa la settimana scorsa: i fatti condivisi esistono sempre di meno e questo sta sgretolando il nostro senso della realtà, solo costruendo una visione condivisa dei fatti, ammettendo il prestigio e la rispettabilità dei giornalisti, possiamo ritrovare un senso condiviso di realtà e andare avanti come società”.

Il corso della modernizzazione. In “Le acque agitate della patria. L’industrializzazione del Piave (1882 – 1966)” Giacomo Bonan, postdoctoral fellow alla Goethe-Universität Frankfurt e ricercatore associato al Laboratorio di Storia delle Alpi dell’Università della Svizzera Italiana, nato nel 1987 a Feltre (Belluno), traccia la biografia del fiume, mettendo in luce le interdipendenze tra trasformazioni ambientali, culturali e sociali e la loro ridefinizione reciproca nel corso del processo di modernizzazione. Il Piave è stato cruciale nella storia d’Italia. A lungo via di comunicazione tra le Alpi, Venezia e l’Adriatico, dopo la Prima guerra mondiale è stato celebrato come “fiume sacro alla patria” ed è stato l’emblema della modernizzazione del paese attraverso l’industria idroelettrica, le irrigazio¬ni intensive e le bonifiche meccaniche.

Oggi è considerato uno dei fiumi più sfruttati e artificializzati d’Europa, ed è conosciuto nel mon¬do soprattutto per il disastro del Vajont, che l’Unesco ha definito un caso esemplare di ciò che accade quando ingegneri e geologi si rivelano incapaci di cogliere la natura del problema che stanno cercando di affrontare.

Premio speciale della Giuria
La Giuria del Premio, presieduta dallo storico Alessandro Vanoli, ha scelto di assegnare un Premio speciale a “Tre volte a Gerusalemme” di Fernando Gentilini (La Nave di Teseo, 2020), diplomatico di professione che in un diario atipico e straordinario svela una Gerusalemme emblematica, in cui le tante identità diverse sembrano sfumare e mescolarsi tra loro, in un andirivieni tra passato e presente, tra realtà e finzione letteraria, tra grandi speranze e indicibili sofferenze. Gerusalemme è simbolo non solo di un conflitto che ritorna nel tempo, ma anche di un incontro unico tra culture, religioni, idee e stili di vita.

L’Oriente si mescola all’Occidente, il sacro al profano, l’antico alla post-modernità.
Terra di scontro, divisa in due dalla Linea Verde ma sempre capace di emozionare, Gerusalemme emerge da queste pagine come un luogo di una bellezza quasi scandalosa, spietato e contraddittorio, dove israeliani, palestinesi, ebrei ortodossi, monaci cristiani, soldati, donne e uomini provenienti da ogni parte del mondo, uniti idealmente da un rapporto speciale con la citta?, vi convivono fianco a fianco senza mai integrarsi davvero gli uni con gli altri. Con una prosa asciutta e brillante, Gentilini sceglie di raccontare i suoi anni a Gerusalemme facendo parlare tre voci: quella dei luoghi, quella della politica mediorientale e quella dei libri degli altri.

Opere segnalate
Non mancano anche quest’anno le segnalazioni di opere ritenute particolarmente meritevoli: nella Sezione “Montagna: cultura e civiltà” si tratta del volume “Ayas. Antropologia di un territorio luoghi, leggende, storie e fatti” di Saverio Favre (Priuli & Verlucca), nella Sezione “Esplorazione-viaggi”, dei libri “Cieli neri. Come l’inquinamento luminoso ci sta rubando la notte” di Irene Borgna (Ponte alle Grazie) e “Vite siberiane. Viaggio tra destini sperduti in una terra dimenticata” di Filippo Valoti Alebardi (Rizzoli), nella Sezione “Finestra sulle Venezie”, le opere “Se l’acqua ride” di Paolo Malaguti (Giulio Einaudi Editore) e “Serenissimo baccalà. I Tagliapietra dalla Laguna alle Lofoten, andata e ritorno” di Ermanno Tagliapietra e Michela Dal Borgo (Biblioteca dei Leoni Editore).

La cerimonia di premiazione
La cerimonia che tradizionalmente si svolge al Parco Gambrinus di San Polo di Piave (Treviso) quest’anno si terrà sabato 20 novembre alle 15.30 in presenza nella Sala Borsa della sede trevigiana della Camera di Commercio di Treviso-Belluno e sarà trasmessa attraverso il canale Youtube e la pagina Facebook del Premio.
Non mancheranno gli interventi dei vincitori, così come non sarà disatteso il momento più emozionante della cerimonia, lo spoglio dei voti della Consulta dei lettori, composta da 40 persone provenienti da vari ambiti della società civile scelte nel Triveneto, che assegnerà il Super Premio “La Voce dei Lettori” di 3.000,00 euro ad uno dei tre vincitori delle altrettante sezioni di gara.
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Sarà l’occasione anche per consegnare il Premio Honoris Causa a Brunello Cucinelli, stilista umbro riconosciuto come il “re del cachemire” che vede la sua impresa non soltanto come produttrice di ricchezza, ma come ambito di azione per sviluppare e incrementare il sogno di un capitalismo che valorizzi l’uomo.

Il Premio è promosso dall’Associazione “Premio Letterario Giuseppe Mazzotti” e ne è main partner Intesa Sanpaolo, è patrocinato e sostenuto da Touring Club Italiano, Club Alpino Italiano, Regione del Veneto, Reteventi Provincia di Treviso, Comune di San Polo di Piave, Parco Gambrinus, Fondazione “Americo e Vittoria Giol”, Stiga S.p.A., Montura – Tasci s.r.l., Confartigianato del Veneto, Camera di Commercio Treviso-Belluno, Valcucine – Driade S.p.A. – FontanaArte S.p.A – Toscoquattro S.r.l, Dieffebi S.p.A., Unifarco S.p.A., Latteria Soligo, Greenova Italia S.r.l., Coldiretti Treviso, Eclisse S.r.l., Confraternita del Raboso, Magis S.p.A., STM Moulding Innovation, Kronosystem Srl, Assindustria Veneto Centro.

Per informazioni: Segreteria del Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”, tel. 0422 855609, e-mail info@premiomazzotti.it; www.premiomazzotti.it

Ufficio stampa Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”
Koiné Comunicazione
Ilaria Tonetto
Mob. 348 8243386 | Ilaria@koinecomunicazione.it

*GIUSEPPE MAZZOTTI, nato a Treviso nel 1907, consigliere del Touring Club Italiano, presidente della sezione di Treviso di «Italia Nostra», direttore dell’Ente Provinciale per il Turismo di Treviso dalla sua fondazione, membro della Società Europea di Cultura, vicepresidente della Associazione Scrittori Veneti, ispettore onorario ai Monumenti, delegato dell’Accademia italiana della cucina, insignito del Premio «Città di San Liberale» riservato ai cittadini benemeriti di Treviso.

Appassionato alpinista, membro del Club Alpino Accademico Italiano, autore di numerosi libri tradotti in varie lingue, vinse nel 1951 il premio «Saint Vincent» con «Montagnes Valdôtaines». Della «Grande parete» lo scrittore alpinista francese E.R. Blanchet ebbe a scrivere: «Vous avez dans ces pages hallucinantes accompli le plus grand tour de force de toute la littérature alpine…».

Ha curato l’organizzazione di importanti mostre d’arte in Italia e all’estero, tra cui la prima personale del pittore Gino Rossi nel lontano 1933 e, nel 1967, la rassegna (ben 300 sculture) dell’opera di Arturo Martini. Successivamente ha contribuito alla pubblicazione dell’epistolario dell’artista.
Ha organizzato la grande mostra delle Ville Venete nel 1953 (riproposta poi a Milano, Roma, Parigi, Londra, L’Aja, Vienna), che diede l’avvio al movimento d’opinione che ha determinato la costituzione dell’Ente per le Ville Venete.

Mostre di arte popolare, di castelli veneti, di edifici rustici e molte altre di carattere storico-artistico lo impegnarono per lunghi momenti della sua vita. Per questa fervida e appassionata attività culturale è stato scritto che «Bepi, alla sua terra ha dedicato la vita».
Morì a Treviso il 28 marzo 1981.

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