DIANA – Sophie Jung: Reifiction – in mostra fino al 03.02.2024

Diana è lieta di annunciare l’inaugurazione del suo spazio a Milano con la mostra personale di Sophie Jung, Reifiction, accompagnata da un testo di Paul Clinton e Cédric Fauq.

Il lavoro di Jung spazia attraverso molteplici discipline e pone acutamente al centro della propria ispirazione l’unione di complessità e criticità, ricorrendo al linguaggio, allo scatto fotografico, alla performance o ad assemblaggi scultorei cripticamente simbolici.

Il titolo della mostra Reifiction, gioco di parole tra “reification” e “fiction”, riflette il rapporto tra idea e materia proprio dell’artista, anche se in modo retrospettivo. In linea con il suo interesse per gli insiemi recuperati (di spazio, di principi, di coordinate), Jung tratta come un objet trouvé non solo il nome della galleria ma anche lo spazio stesso, e usa il suo marchio in senso letterale per riprendere il tema di Diana, dea protofemminista e reificatrice per eccellenza, prima di farlo completamente a pezzi.

Scoprire che Sophie Jung si e? formata come fotografa prima di dedicarsi all’installazione, alla scultura e alla performance puo? in qualche modo sorprendere, alla luce della sua pratica artistica caratterizzata dal disordine e dalla assoluta mancanza di un principio regolatore. Mentre la fotografia cattura e registra (o almeno ci prova), il lavoro di Sophie mira alla liberazione; all’emancipazione delle cose dai sistemi di ordine come il linguaggio, il valore e l’utilita?. In Reifiction (*), Sophie Jung presenta per la prima volta, accanto a una serie di sculture e installazioni, alcuni dei suoi primi lavori fotografici. Considerando quanto l’artista sia abile nel gioco dei doppi sensi e dei sabotaggi semiotici, ci si potrebbe chiedere quale sia la ragione di una simile mossa. Cosa ha compreso della sua pratica guardando le fotografie? O cosa spera di comprendere?

Sophie Jung lavora con gli oggetti abbandonati e non piu? utilizzabili. Le sue sculture e installazioni sono sempre il risultato di un assemblaggio di objets trouve?s che lei raccoglie senza avere necessariamente un’idea precisa di cio? che ne fara?. Siamo alla fase di accumulo e raccolta. Al centro di questo processo c’e? l’interesse per lo scarto, il rifiuto, per cio? che non ha piu? significato ne? possibilita? di utilizzo. Sebbene tutto questo venga in genere considerato negativamente, per Sophie Jung invece la mancanza di senso e di interesse rappresenta un potenziale che puo? dare vita a interpretazioni erratiche e narrazioni contrastanti. In questo senso, il titolo della mostra – una scultura in forma di assemblaggio di parole: reificazione e fiction – potrebbe essere letto come un manifesto di per se?. (…)

– Cédric Fauq
(*) Qui manca qualcosa, un riferimento da esplicitare. Per esempio, il significato del titolo Reifiction. “Rei” parrebbe un’omofonia senza senso di “reh”, parola tedesca per cervo: Jung risiede a Basilea e, nell’annunciare la mostra su Instagram, ha postato una foto che ritrae la statua di un cervo. Il titolo sembra quindi riferirsi al racconto di un cervo o per seguire l’immagine, al racconto di un cervo maschio (Hirsch-fiction). Ma reifiction suona anche come reificazione, un termine che significa trattare un’astrazione o un’idea come qualcosa di concreto e materiale, cristallizzare il significato, una forma violenta di prigionia che Jung inverte nella sua pratica, trasformando cose concrete, objets trouve?s in una pluralita? di narrazioni in fuga. Reificazione significa anche trattare una persona come un oggetto, ad esempio la mercificazione del lavoratore, o la sua riduzione a mera categoria; trattare un oggetto come se fosse una persona (vedi feticismo); agire come se le relazioni sociali fossero forze immodificabili, come nei rapporti tra le classi o i sessi. Forse Jung sta prospettando una fiction sulla reificazione, o la reificazione come fiction.

Questo tipo di connessione insolita, tra cervo e reificazione, contraddistingue l’opera dell’artista. Le sue performance sono piene di libere associazioni, in cui un gioco di parole, un’ironia o un’ambiguita? di significato formano un ponte tra argomenti apparentemente non correlati, per poi perdere apparentemente di nuovo il filo, inseguendo un’altra serie di connessioni. L’artista mescola le sue idee, le dispone e le riordina, ben sapendo che potrebbero sempre essere organizzate in modo diverso, con un effetto diverso.

Paul Clinton ha sostenuto che questa apparente incapacita? di circoscrivere il testo e? una posizione politica in cui Jung si rifiuta di definire il suo soggetto, o qualsiasi posizione di egemonia su di esso o al di sopra di esso (Clinton, 2017). Le sue sculture evidenziano anche la contingenza del loro significato, un oggetto recuperato collocato su un altro, ma che ha in se? tutta la potenzialita? di essere spostato, e che deve la sua attuale disposizione a libere associazioni scaturite dalla circostanza della sua esposizione. E questo e? senz’altro il caso della reifiction, dovei riferimenti al cervo e all’oggettificazione portano al mito di Diana, da cui prende il nome la stessa galleria Diana*. Ovidio racconta che Diana (dea della castita? e della caccia) stava facendo il bagno quando si accorse di essere spiata dal cacciatore Atteone. Oltremodo sdegnata dal tentativo dell’uomo di ridurla a oggetto, lo trasformo? in un cervo, che fu poi divorato dai suoi stessi segugi. Egli e? il Reh (Hirsch) che cerca di reificare. Ma Diana* cita anche una versione particolare di questo racconto, Il bagno di Diana (1956) di Pierre Klossowski. In questo caso il mito non e? solo una meditazione sulla questione sessuale, ma sulla natura non reificabile del linguaggio, laddove “Atteone per la sua ricerca della verita? e del bisogno di comunicare viene condannato” (Klossowski, 1956). Si veda anche:* (…)

Sophie Jung (1982) vive e lavora a Basilea. Ha conseguito il BFA presso la Rietveld Academy di Amsterdam e il MFA presso la Goldsmiths di Londra. Tra le recenti mostre e performance figurano: Move, Centre Pompidou, Parigi (2023); Roma, a Portrait, Palazzo delle Esposizioni, Roma (2023); They Take it Seriously, I think it’s interesting, Badischer Kunstverein, Karlsruhe (2023); Dans l’air, les machines volantes, Hangar Y, Paris Meudon (2023); Swiss Art Awards, Basilea (2023); Sanetroyem, E.A. Shared Space, Tbilisi (2021); Freigeisteir, MUDAM, Lussemburgo (2021); They Might Stay The Night, Casino Luxembourg, Lussemburgo (2020); Unsetting, Istituto Svizzero, Milano (2020); Are We Bodies, Cabaret Voltaire, Zurigo (2019); The Bigger Sleep, Kunstmuseum Basel, Basilea (2018); It’s not what it looks like, Sophie Tappeiner, Vienna (2017). Nel 2016 e nel 2019 ha vinto gli Swiss Art Awards e nel 2018 ha ricevuto il Manor Kunstpreis.

Diana è una galleria fondata nel 2023 a Milano da Stefania Rosi con l’intento di promuovere e supportare il lavoro di giovan? artist? italian? e internazional?. Il programma espositivo, connotato da una forte eterogeneità, prevede un’ampia proposta di media, alternando mostre personali a collettive curate e progetti collaterali. Lo spazio in via San Calocero 25 si presenta con una vetrina su strada, mentre all’interno si sviluppa in un ambiente intimo e raccolto. Qui l? artist? sono invitat? a concepire progetti site specific che dialoghino con la particolare morfologia dello spazio. Diana nasce con la prospettiva di arricchire il panorama culturale cittadino e nazionale, ponendosi come una realtà dedita ad ampliare la visione sulle istanze e le proposte artistiche attuali. Sperimentazione e ricerca sono i cardini sui quali la galleria si struttura, promuovendo la presenza espositiva e di mercato dell? artist? con cui collabora sia in Italia che all’estero.

Sophie Jung. Reifiction
fino al 03.02.2024
(chiuso da 21.12.23 al 08.01.24)

martedì – sabato, h.15–19
Via San Calocero 25, 20123 Milano
info@dianagallery.it
dianagallery.it

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