Fremiti artistici contemporanei: la Transavanguardia.

Francesco Clemente

Dopo esaltanti peregrinazioni tra le mirabili testimonianze del passato cinquecentesco, desidero “scombussolarvi” un po’, miei cari amici, compiendo un salto di parecchi secoli, esattamente fino agli anni Settanta del Novecento, catapultandovi, quindi, nel variopinto regno artistico contemporaneo, per tastare con gli occhi, più che con mano, lo stato di salute dell’espressione pittorica attuale e trascinarvi, tra i torrenti cromatici e rappresentativi, dell’espressione transavanguardista. Non ve ne pentirete, giacchè c’è del Bello e del Buono anche nelle novità, all’apparenza più bizzarre.

Se vogliamo essere precisi e corretti, il termine artistico “Transavanguardia” significa, tecnicamente, “attraversamento e superamento della nozione sperimentale dell’avanguardia” e, sta ad indicare una delle più rilevanti risposte espressive del frastagliato panorama italiano al Postmodernismo, ormai esauritosi. Una corrente, la Transavanguardia, nata nel 1979 intorno a cinque personalità incisive di pittori italiani, tra loro molto diversi, ma ugualmente degni di menzione: il fiorentino Sandro Chia, il napoletano Francesco Clemente, il marchigiano Enzo Cucchi, i due beneventani Nicola de Maria e Mimmo Paladino, seguiti da numerosi epigoni.

I cinque, attualmente con opere esposte anche al Metropolitan Museum of Art di New York, vengono alla ribalta nella sezione espositiva “Aperto ’80” della Biennale di Venezia, dove sono affiancati dai gruppi artistici del “Magico Primario” e di alcuni dei “Nuovi, Nuovi” (Jori, Mainolfi, Salvo, Spoldi). Il teorico-padre della Transavanguardia è, senza dubbio, il critico Achille Bonito Oliva, il quale parte dalla considerazione di un’arte come produzione di catastrofi, di apocalissi visive, rifacendosi alla teoria espressa dal filosofo Renè Thom, che viene interpretata come un andare alla deriva dell’individuo moderno, in assenza di mete definitive.

Con la crisi del sistema di certezze ideologiche ed ispirative che avevano sostenuto le avanguardie, cade anche la concezione evoluzionistica e progressista dell’arte, la quale aveva spinto gli artisti a sperimentare sempre nuove tecniche e nuove metodologie. I rappresentanti della Transavanguardia rompono con tale concezione futuribile ed avveniristica dell’arte, per affermare il diritto al nomadismo ispirativo, alla discontinuità dei linguaggi pittorici: tutti gli stili possono venir macinati e contaminati, nella pratica creativa. L’interesse si sposta, mano a mano, dallo stile dell’opera, che non è più l’unico dato identificativo della personalità dell’artista, all’immaginario dell’artista stesso, al suo bagaglio inconscio che procede per slittamenti, per analogie rischiose, che lasciano fluire nell’opera le sedimentazioni del passato, insieme alle paure per il futuro.

La Transavanguardia sancisce il recupero di una pittura dai tratti marcati e dalle cromie violente, seppure in parte mitigate da una visione ironica dell’esistenza, il rilancio di una figurazione più tradizionale e di una sorta di artigianato pittorico. Finalmente, dopo tanta arte concettuale, fatta di processi mentali, ritorna l’uomo nei dipinti, anche se deforme o deriso, ma pur sempre protagonista. Pur determinando tutti un decisivo ritorno al piacere della pittura dai colori accesi, ogni artista opera e traccia una sua ricerca personale, in cui tende a liberare le proprie pulsioni, utilizzando, per giungere all’immagine conclusiva, diversi meccanismi e diverse “maniere” stilistiche, tra cui ricorrono frequenti gli omaggi a Cèzanne, Picasso, Chagall, De Chirico, Carrà e agli espressionisti tedeschi, ma anche a Kandinsky e Klee, citati, però, quest’ultimi, in modo volutamente regressivo e degradante.

Nel suo percorso espressivo Sandro Chia punterà sul motto di spirito, che scatta con l’abbinamento d’immagini con frasi dipinte, allo scopo di sdrammatizzare e rivelare il contenuto dell’opera e, regalandoci, sul piano rappresentativo, le sue inconfondibili figure maschili, eroiche e monumentali.

Con un processo di autoanalisi quasi psicanalitica, Francesco Clemente indaga e svela gli angoli più segreti ed inconfessabili dell’essere umano, elaborando una pittura dalle marcate valenze introspettive, con le sue tipiche figure ambivalenti e straniate, dalla naturale carica sensuale, con quel senso di sospensione temporale degli spazi, con quel suo sovvertire le immagini consuete, che provoca uno slittamento della normale visione delle cose. Stupendo esempio della transavanguardia di Clemente è il volto femminile dell’opera intitolata “Terra-Earth”, percorso da innumerevoli soli, che ho posto quale logo visivo dell’articolo: ammirate quale aura di spontanea seduttività emana quel volto!!

Enzo Cucchi, con il suo misticismo vitalistico e primordiale, non privo di certe atmosfere cupe e drammatiche, recupera le proprie radici europee, dimostrando una particolare predilezione per l’Espressionismo nordico, con i suoi paesaggi fluttuanti, apocalittici, misteriosi, che trionfano visivamente nell’esplosione del suo gesto esecutivo e della sua materia grumosa.

Nicola De Maria realizza nell’ambiente un campo espressivo, in cui ampie zone di colore sono punteggiate da macchie e oggetti di legno colorato, dinamici e tra loro in relazioni mobili, che rimandano a tratti al ritmo della musica e alle risonanze emotive più intime dell’artista.

L’eclettico Mimmo Paladino ci regala delle opere d’intonazione arcaica, accentuata dall’uso di simboli greco-romani, etruschi e paleocristiani e di tecniche antiche come l’encausto e il mosaico. Ricorrenti nei suoi lavori rituali le atmosfere magiche ed ancestrali, le figure archetipiche larvali ed esangui, i temi pregnanti del sacrificio e della morte.

E veniamo ai giorni nostri, per uno speciale confronto tra la pittura e la fotografia d’eccellenza. Ebbene, capita ed, è folgorante tutto ciò, che nello scrigno variegato delle gemme-capolavoro di Giuseppe Borsoi, si colga in tutta la sua evidente portata espressiva, un’istantanea che è il perfetto-manifesto della Transavanguardia: mi riferisco alla foto “Effetti speciali di Enrico Crivellaro”, che figura tra le sue opere iniziali, nel suo ricchissimo fotoblog. Quindi, mettetevi comodi e tuffattevi in quello scatto insuperato ed insuperabile: è la sintesi ideale di tutta la poetica della Transavanguardia…Non mi stancherà mai di ripeterlo…Un’immagine e, che immagine, vale più di mille parole!!! Alla prossima puntata artistica! Vostra Elena P.

Un commento su “Fremiti artistici contemporanei: la Transavanguardia.”

  1. Dopo avere, con attenzione ed interesse, visionato l’articolo a cui si riferisce il sito DaringToDo.com, la scrivente Elena P., autrice del suddetto ringrazia, sentitamente, per l’ulteriore apporto, in termini di poetica e stilistica relative al movimento artistico in questione, offerto dal prezioso appofondimento indicato. Qualsiasi argomentazione, documentata ed oggettiva, non può che arricchire il dialogo culturale, che nel nostro Sito risponde ad una logica di rispetto, pluralismo e libertà!! Ancora mille grazie!! Buona Transavanguardia! Cordialmente, Elena Pilato.

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