Docufilm “Il Ritratto di Medea. Modigliani in Sardegna” – tratto dalla web seria “Casa Pananti

Ritrovato in una casa privata a Iglesias da Filippo Pananti, amministratore e battitore esperto della Galleria Pananti Casa d’Aste, il Ritratto di Medea è certamente una rara testimonianza della produzione giovanile di Amedeo Modigliani. Lo confermano una notifica della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari ed alcuni documenti inediti trovati da Pananti in un viaggio in Sardegna, sulle tracce del pittore ragazzo.

La narrazione è nel docufilm “Il Mistero di Medea. Modigliani in Sardegna” – tratto dalla web serie Casa Pananti del giovane regista Giovanni Piscaglia – dove sono presenti anche gli importanti contributi del critico d’arte Christian Parisot, Presidente degli Archivi legali di Modigliani a Parigi; e di Roberto Sabatelli direttore del Museo Modigliani di Follonica.

“Il mondo dell’arte è un territorio ricco di misteri e può capitare anche di imbattersi in veri e propri casi“, spiega Filippo Pananti. “Partito per Iglesias con scetticismo – quante le opere attribuite erroneamente a Modigliani! – mi sono invece trovato in un’avventura entusiasmante e in un intricato labirinto di teorie, raccolte nel corso di una vita dalla proprietaria Gabriella Meloni, dove le incertezze hanno superato di gran lunga le certezze“, conclude.

Con un linguaggio semplice e coinvolgente, Filippo Pananti e la cinepresa del regista Giovanni Piscaglia ci portano in una regione dei primi del Novecento grazie a ricordi, foto e carteggi, tramandati dalla prozia di Gabriella che rivelerebbero il legame della sua famiglia con i Modigliani, durante i loro soggiorni a Iglesias.

Le analogie e le somiglianze con alcune opere della fase matura dell’artista si moltiplicano, mentre una ricerca approfondita condotta dal critico d’arte Cristian Parisot scioglie ogni dubbio. Dietro un’analisi di alcuni disegni originali (gentilmente prestati da collezionisti privati), messi a confronto con materiali provenienti dagli archivi storici e supportati dalle ricerche condotte negli anni da Jeanne Modigliani, figlia di Amedeo, Parisot avrebbe trovato tracce inequivocabili sull’autenticità della tela: “la mano che ha dipinto il ritratto di Medea, è la stessa dei capolavori di Modigliani che tutti noi conosciamo”, afferma nel documentario…

Infine, Roberto Sabatelli, con oltre vent’anni di ricerca e studio alle spalle, ci accompagna in un viaggio esplorativo di questa straordinaria opera, mettendo in risalto alcuni dettagli del tessuto pittorico che dimostrerebbero un passato giovanile di Modigliani nella scuola macchiaiola e la sua identità ebraica.

“Questo breve documentario di 35’ nasce con lo stesso obiettivo con cui insieme a Filippo abbiamo creato i 24 episodi della web serie di Casa Pananti: riuscire a raccontare in modo autentico mondi che appaiono chiusi e riservati a pochi. ”, dichiara Giovanni Piscaglia scrittore e regista.

Il Ritratto di Medea è esposto alla mostra L’École de Paris – prima esposizione della Galleria Pananti dedicata all’arte francese fine ‘800-primo del ‘900 – insieme a otto importanti disegni di Modì, a quattro rari oli su carta della moglie Jeanne Hebutèrne, e ad altre opere grafiche di autori francesi tra i quali Picasso e Lautrec.

Fino al 30 maggio alla Galleria Pananti prima di essere battuti all’Asta.
Amedeo Modigliani (Livorno, 1884 – Parigi, 1920)
Ritratto di Medea Taci
Olio su tela, cm. 32×23

Siglato in basso a destra. Sul verso: all’interno del margine destro della tela: “A. Modigliani”. Il piccolo dipinto raffigura la giovane Medea Taci, scomparsa nel 1898, all’età di soli vent’anni, in seguito ad una meningite. Si tratta dunque di un ritratto postumo, probabilmente basato su una fotografia recentemente individuata.
Medea Taci era una dei tre figli di Tito Taci, imprenditore alberghiero, giunto da Firenze ad Iglesias nel 1870, dove fondò l’albergo “Leon d’Oro”, aperto nel 1872 e molto frequentato. Tito Taci e Flaminio Modigliani, padre di Amedeo, erano legati da amicizia e relazioni professionali, cementate lungo molti anni di frequentazione delle rispettive famiglie. Flaminio Modigliani era giunto in Sardegna assai giovane, per curare gli interessi agricolo – minerari, nel salto di Gessa (Iglesiente), acquistato dal padre Emanuele Abramvita Modigliani nel 1862.

La famiglia Modigliani, formata da Flaminio e dalla moglie Eugenia Garzin si divideva tra Livorno, dove risiedeva la madre con i tre figli e Iglesias dove il padre curava gli affari e la famiglia si trasferiva per le vacanze estive. Amedeo ragazzo, perduta per fallimento economico, la grande tenuta agricola Grugua nel Salto di Gesso, continuò a recarsi ad Iglesias soggiornando al Leon d’Oro dove strinse amicizia con i ragazzi Taci, in modo particolare con Medea qui effigiata. Il quadro fu sempre conservato dalla famiglia Taci e custodito per decenni dalla sorella Clelia in Belgio, che a sua volta lo donò ai nipoti Meloni, attuali proprietari, con l’espressa volontà che tornasse in Sardegna, terra tanto amata da Medea.

Rarissima e felice testimonianza della produzione giovanile del pittore toscano – produzione quasi totalmente perduta, secondo le volontà del pittore – il dipinto è l’unico sopravvissuto degli anni sardi, anche se resta memoria di un altro quadro esposto per decenni negli uffici della Miniera di Monteponi. Il ritratto di Medea è realizzato su una fine tela con pennellate a tocco diretto, senza strato preparatorio e senza disegno sottostante, la materia cromatica è sottile e magra, tanto da lasciare trapelare la tela sottostante; lo stato di conservazione è buono anche grazie ad una costante manutenzione. Opera gradevole negli accordi cromatici a base di terre, il ritratto di profilo si inserisce nel solco della coeva pittura macchiaiola toscana, rivelando modi borghesi vicini a Silvestro Lega ma memori anche della ritrattistica popolare di F. M. Michetti e A. Mancini.

Ai fini del presente procedimento di dichiarazione, va sottolineato che l’opera riveste un interesse particolarmente importante sotto un duplice aspetto. Infatti, il dipinto è molto significativo nella vicenda artistica del grande pittore modernista, in quanto costituisce uno dei pochissimi documenti dell’attività giovanile; in secondo luogo, l’opera interessa la storia locale in quanto testimonia la presenza culturale attività di importanti famiglie imprenditoriali toscane nella Sardegna post – unitaria, volta allo sviluppo industriale e minerario.
Relazione storico – artistica del Funzionario Istruttore Maura Picciau. Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud SardegnaOpera sottoposta a notifica della Soprintendenza con n. prot. 10835 in data 4 agosto 2010.

Roberto Sabatelli direttore del Museo Modigliani di Follonica (Casa Pananti puntata 09)
Conosco oltre 350 opere di Modigliani molte le ho viste di persona, ho visto tanti falsi, ho visto tante belle cose. Questo quadro mi perseguita da vent’anni o 25: a mio modesto parere è di Modigliani. È un’opera che proviene da un insegnamento di Guglielmo Micheli quindi venne dalla scuola macchiaiola. Medea fra i capelli ha un diadema che sono quattro o cinque puntini fatti con un pennello a punta nel bianco puro: la scuola macchiaiola è quella!
Nel fiocco se lo guardate bene, non è un fiocco dipinto lezioso è a fatica accennato, quel fiocco è una cosa estremamente significativa perché poi l’ha ripetuta Modigliani: io ho trovato almeno altre tre opere dove lui usa il fiocco non tanto come soggetto d’arte ma come compendio della visione. Va verso l’astrazione, già siamo già nel Novecento lì!

Di Modigliani giovanile c’è il ritratto del figlio di Guglielmo Micheli che ha dipinto nella stessa maniera: i colori sono sempre gli stessi. Dunque, io ho fatto uno studio mi sono fatto consigliare da esperti del settore. Modigliani era mancino e lì si vede! La sinistra si trova meglio lavorando in verticale, la mano destra si trova a suo agio lavorando in orizzontale – e Il fondo è dipinto in verticale. Poi sono andato a cercare il particolare: Modigliani non era un grande tecnico e aveva un viziarello – e ve lo dico da pittore. Lui faceva una stesura poi si rendeva conto che cromaticamente non andava bene e doveva scurirla. Allora prendeva il nero e ci ritornava sopra e rimpastava il bianco, però facendo così portava inquinamento fra le molecole del colore che nel tempo anneriscano, fanno schiantare Il colore, lo fanno crepare. Per la Medea ha usato dei bruni, cioè sono ossidi di ferro che anneriscono. E li trovi nel fondo.

Christian Parisot, Critico d’Arte e Presidente degli Archivi legali di Modigliani a Parigi (Casa Pananti puntata 10)
L’archivio ha vissuto tre momenti essenziali: quello del diario della madre, le ricerche di Jeanne Modigliani e lo sviluppo che io ho potuto dare dal 1980 ai giorni nostri. Jeanne Modigliani (figlia di Modigliani, da cui ha ereditato l’Archivio) ha avuto un lungo periodo di ricerca in Sardegna. Sulle tracce del padre ha scoperto gli amici, gli amministratori, c’è la certezza oggi che il giovane Amedeo Modigliani (così come il primo fratello) fecero il viaggio in nave raggiungendo Cagliari, da Cagliari, da Iglesias Grugua. Viveva a Livorno con la madre ,i viaggi in battello erano all’ordine del giorno. Prende sicuramente, con la famiglia Taci, la via del mare e raggiunge il padre a Cagliari e da Cagliari va a Iglesias dove la famiglia Taci aveva creato il primo grande hotel Il “Leon d’Oro”, con ristorante di prima qualità, fornito sempre da prodotti agroalimentari della tenuta dei fratelli Modigliani – i Modigliani producevano olio vino e agrumi.

La questione del fallimento non ha impedito alla famiglia Modigliani di frequentare la Sardegna, anche perché tutto quanto in loro possesso fece parte di un lungo procedimento penale che durò molti anni; questo periodo – che è un periodo che dura alcuni anni – non ha traccia, ci sono pochi elementi, e la signora Meloni ha scoperto questo suo dipinto fortunatamente nella casa dove era rimasto in deposito per molti anni, dove nessuno poteva identificare questa immagine con Modigliani.

È un ritratto di cui non ci sono oggi dubbi sulla sua fattura: ha dipinto questo piccolo ritratto. Dipingeva quasi esclusivamente con le terre. Questa sua scelta dei colori tipicamente toscani l’abbiamo dal ritratto di Medea al 1919, con il ritratto di Casimir Hebutèrne. Sono elementi essenziali di paragone identificando la sua pittura meglio ancora che la sua firma ed è il solo artista al mondo che ha dedicato la propria vita al ritratto. Il ritratto di Medea Ha le stesse scelte cromatiche del Casimir Hebutèrne del ’19.

L’impresa di distruggere tutto ciò che esiste di giovanile a Livorno è un atto sia di coraggio e di incoscienza. Perché il giovane artista inizia a vendere la pittura legata alla sua espressione Iconica – il collo lungo – ma in realtà tutti gli artisti hanno una crescita. Inizia a disegnare e a dipingere tutta la giornata tutti i giorni all’età di 14 anni e inizia a dipingere nella maniera tradizionale.

Noi oggi sicuramente potremo eventualmente ancora scoprire degli altri piccoli paesaggi o dei ritratti, ricordiamo che un carnet da 100 fogli lo adoperava e lo usava in un pomeriggio e sono rimasti soltanto meno di 1.400 disegni in circa 20 anni di attività. Per cui sarebbe come dire due mesi di disegno in tutto si è salvato. La figura di Medea la ritrae da una fotografia che lui ritiene la migliore posizione per esprimere il carattere della giovane donna, così come ha sempre fatto durante tutta la sua vita, quella di accumulare un certo numero di immagini capaci di rinnovare la sua fantasia.

Sono fotografie d’affezione quelle che lui prendeva in formato 13/18 (più o meno sempre questo) e ritoccava, in gran parte ridisegnava con segni essenziali. Erano dono inizialmente del fratello e poi dei vari parenti e ne ha fatto una collezione che è rimasta nello studio e che è passata per tradizione diciamo ereditaria a Jeanne Modigliani. I loro rapporti con la famiglia Taci hanno sicuramente dato la possibilità al giovane per prima cosa di incontrare la giovane Medea, di cui ebbe la possibilità di ottenere delle fotografie, che non hanno mai avuto questa importanza fin quando non si è scoperto la rilevanza della fotografia per il ritratto – ad esempio di Medea. Per cui non possiamo tener conto della questione economica e commerciale In rapporto all’espressione artistica di Amedeo Modigliani: ci vuole una rilettura modesta, calma e non certo scandalistica.

Galleria Pananti Casa d’Aste
Fondata a Firenze nel 1968 da Piero Pananti e successivamente arricchita dalla presenza fattiva del figlio Filippo, la Galleria Pananti è divenuta punto di riferimento e d’incontro fra letterati, collezionisti, critici d’arte, pittori, scultori, grazie alla sua continua attività espositiva, con mostre personali e collettive; di vendite all’asta per conto terzi; affiancata dalla ininterrotta e ricca attività editoriale.

Durante la sua più che cinquantennale attività, volta soprattutto al sostegno dell’arte italiana – dell’Ottocento e del primo e secondo Novecento -, la Galleria ha organizzato nei suoi locali e all’estero (Svizzera, Stati Uniti e Francia) più di 400 esposizioni d’arte e dato vita ad oltre 500 pubblicazioni (cataloghi di mostre, monografie, collane di narrativa, di saggistica e di poesia).

Con la vendita della raccolta di Carlo Ludovico Ragghianti è diventata Casa d’Aste diretta da Filippo Pananti che nella sede fiorentina a Palazzo Peruzzi porta avanti con la stessa passione un’eredità così importante. Prima Casa italiana a realizzare nel 2012 aste in diretta streaming, ad ora Pananti ha esposto, in presenza e online, 75mila lotti per 331 aste in presenza e online d’arte moderna e contemporanea di pittura e scultura, anche nella lingua dei segni.

Durante la sua più che cinquantennale attività, la Galleria Pananti è stata fin dall’inizio punto d’incontro di artisti come Nino Tirinnanzi, Mario Marcucci, Mino Maccari, Venturino Venturi, e scrittori come Alessandro Parronchi, Vasco Pratolini, Mario Luzi, Eugenio Montale, che hanno collaborato con saggi critici e contributi ai Cataloghi.
Ha curato mostre di De Pisis, De Chirico, Andy Warhol, Ottone Rosai. Nell’ultimo decennio l’imprenditore Ugo Colombo è entrato nella compagine societaria contribuendo alla sua internazionalizzazione e divenendo parte integrante della famiglia Pananti.

Tra le pubblicazioni, ricordiamo la storica rivista “L’Indiscreto”, di cultura e altro, a cura di Silvio Loffredo e Piero Pananti, a cui collaborarono artisti e scrittori come Mino Maccari, Ennio Flaiano e molti altri. Oggi è online, diretta dallo scrittore e artista visivo Francesco D’Isa, con articoli, approfondimenti e saggi originali di giovani firme del giornalismo culturale, oltre traduzioni, recensioni, narrativa e altre sperimentazioni. “Parla di cose difficili, ma cerca di farlo in modo semplice”, spiega Francesco D’Isa. La Galleria Pananti Casa d’Aste ha sede a Firenze e ha un Atelier a Milano.

Casa Pananti
Una web serie di 24 brevi racconti ideati da Flippo Pananti insieme al regista Govanni Piscaglia, e prodotti dalla Galleria Casa d’Aste Pananti, per raccontare in modo autentico l’inedito dietro le quinte di una casa d’aste e aprire le porte di un mondo ancora poco conosciuto. Sulla scena si muovono i vari protagonisti: Piero Pananti, fondatore della galleria, il figlio Filippo, amministratore e battitore appassionato che cura ogni passaggio dall’acquisizione delle opere alle stime, ai rapporti con i clienti; Emanuele Castellani, esperto di arte antica, che studia le condizioni delle opere, le attribuzioni e la composizione dei cataloghi; Lorenzo Lippi, graphic designer con il compito di curare l’aspetto editoriale e coordinare le vendite e i bilanci dal web. Insieme a loro i professionisti e collaboratori che operano nell’amministrazione, la segreteria, il magazzino, gli spostamenti delle opere, i rapporti con il pubblico, e poi c’è Marchino, il presidente onorario, oltre alla mascotte, la bassotta Margot. Nella seconda stagione Filippo Pananti ci porta nella complessa rete di relazioni che anima questo settore in un originale viaggio tra gli universi intimi di alcuni dei maggiori protagonisti della cultura del Novecento e le memorie della Galleria Pananti. Visibili online sul sito e sui canali Youtube e Facebook di Pananti Casa d’Aste.

Giovanni Piscaglia, regista e autore, nato nel 1984, comincia la sua carriera girando videoclip, cortometraggi e video-installazioni. Dal 2012 ha scritto e diretto più di 200 CONTENUTI per il canale Sky Arte HD.
Tra i documentari più importanti: la produzione originale “Musei”, una serie in 16 puntate divise in 2 stagioni.
Nel 2018 debutta nelle sale cinematografiche con “Van Gogh tra il Grano e il Cielo” con Valeria Bruni Tedeschi, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital. IL docufilm, distribuito in oltre 50 Paesi nel Mondo, arriva in finale ai Nastri d’Argento 2020 come Miglior Documentario d’Arte. Nel 2019 firma la sceneggiatura del docufilm “Ermitage il Potere dell’Arte”, vincitore del Nastro d’Argento come Miglior Documentario d’Arte 2020. Nell’autunno del 2021 esce in sala “Napoleone Nel nome dell’Arte” nel quale dirige il premio Oscar Jeremy Irons. Nel 2023 esce il suo nuovo film “Perugino, Rinascimento Immortale” con Marco Bocci, di cui scrive anche il soggetto, prodotto da Ballandi e distribuito da Nexo Digital. Vincitore nel 2023 del Grifone d’Oro come Miglior Documentario al Love Film Festival e candidato ai Nastri d’Argento 2024 come Miglior Documentario d’Arte.

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